di Claudio Cordova - E' denso di vergogna il silenzio delle ultime ore da parte delle Commissioni Pari Opportunità della Città di Reggio Calabria e del Consiglio Regionale della Calabria. Distratte, non si sa da cosa, visto che l'opera istituzionale messa in campo è fin qui impalpabile, hanno "dimenticato" di prendere una posizione netta sulla vicenda che ha per protagonista la figlia minorenne di Maria Chindamo, l'imprenditrice scomparsa nel Vibonese nel maggio 2016 in circostanze ancora non chiarite.
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La dirigente scolastica dell'Istituto, sebbene avesse manifestato allo zio Vincenzo Chindamo, tutore della minore, propositi di "giustizia" ha fatto ben poco per punire la docente che non solo avrebbe confermato le ignobili affermazioni, ma sarebbe stata confermata nell'incarico, svolgendo tuttora il servizio di docente (e quindi di educatrice) in un contesto difficile come quello di Palmi. Non è difficile pensare, peraltro, il clima pesante che si può respirare in quel contesto, dove gran parte dell'ambiente potrebbe aver fatto quadrato nei confronti della docente e dove il solo fatto di aver "denunciato" potrebbe non essere visto di buon occhio.
Per questo serviva un fronte comune (almeno) da parte delle donne.
Dopo l'esposto presentato dagli avvocati Giovanna Cusumano e Nicodemo Gentile è intervenuto, duramente, il Garante per l'infanzia, Antonio Marziale, solerte visto il coinvolgimento della giovane studentessa. Ben altro il (non) comportamento delle Commissioni Pari Opportunità. Eppure le donne, in questa vicenda, sarebbero doppiamente vittime: per il ruolo di protagonista vissuto dalla figlia di Maria Chindamo e per le frasi della docente che, fossero state pronunciate da un uomo avrebbero fatto gridare allo scandalo le femministe tutto comunismo e sit-in.
E, invece, spesso, purtroppo, ci si mettono le donne stesse ad alimentare le becere affermazioni di uomini trogloditi circa l'effettiva rilevanza delle pari opportunità.
La Commissione Pari Opportunità della Città Metropolitana di Reggio Calabria si è insediata circa un mese fa. Presidente Laura Bertullo, "risarcita" da Falcomatà per essersi candidata (senza essere eletta) alle Comunali del 2014. Avrebbe potuto iniziare il proprio percorso con un atto di dignità nei confronti di tutte le donne, reggine e non solo. E invece, anche su Facebook, la signora Bertullo ha preferito parlarci dei suoi sogni e della sua tosse, anziché interessarsi di una vicenda così grave. Analogo silenzio da parte della Commissione Pari Opportunità del Consiglio Regionale, che, invece, è in carica da molto più tempo. Sebbene non se ne sia accorto nessuno. A presiederla, Cinzia Nava, nominata dal presidente dell'Assise, Nicola Irto. Cinzia Nava è sorella di Consuelo Nava, che di Irto è stata docente e che ora è assessore comunale proprio a Palmi, dove si sarebbe verificato l'episodio.
Se queste sono le donne che devono "tutelare" le donne dalla violenza dell'animalesco uomo calabro, c'è poco da star sereni.
Spot su spot. Come quello messo in piedi dalla Città Metropolitana che, in occasione del recente 8 marzo (giorno del fatto di cui sarebbe rimasta vittima la figlia di Maria Chindamo) annunciava un piano di interventi "per la prevenzione e il monitoraggio" del fenomeno sul territorio. L'obiettivo è recepire le esperienze e le buone pratiche delle città italiane più 'avanti' nel contrasto alla violenza di genere. Ennesima misura di facciata se si tiene conto, peraltro, che da un anno e mezzo è rimasta inefficace l'istituzione dell'Osservatorio regionale sulla violenza di genere, nato nel novembre 2016, ma ad oggi una scatola vuota. Vuota nonostante non comportasse alcun esborso per il Consiglio Regionale, dato che l'espletamento delle funzioni sarebbe a titolo gratuito. Vuota forse proprio per questo, perché non costituirebbe un nuovo introito per le borsette delle emancipate donne calabresi.