Ecco "Cosangeles" di Paride Leporace

cosangelesleporaceUndici racconti nella cornice di Cosenza narrata tra epica di strada e una buona dose di noir. Lo sfondo è quello degli anni Settanta e Ottanta con le derive esistenziali, i luoghi e i riti dell'estate sulla Costa tirrenica, i locali da ballo e da sballo, i viaggi, le Spoon river generazionali, i fuorisede romani, i malavitosi come Franco Pino nella parte di se stesso, le feste, i punk , gli hippy, gli ultrà, la voce della radio, i poeti maledetti, i quartieri del centro e della periferia, i cantautori malandrini come Fred Scotti e la 'ndrangheta reggina vista da vicino con una colonna sonora che spazia da "Buonanotte Cosenza" ai Joy Division. Ci sono libri percorsi da corrente alternata e altri da corrente continua. Le pagine che il lettore si troverà a percorrere appartengono a questa seconda categoria. Quella delle montagne russe. Utilizzando un linguaggio audace e coinvolgente e la fluidità di un discorso indiretto libero che pare raccolto mimeticamente in mezzo alla strada, l'autore ci immerge da subito in una Cosenza / Cosangeles, che è una città in bilico tra mitologia e realtà, tra doppiezze e dualismi , e "cose" che non ci sono più ma che restano incollate alla memoria e paiono portare in una terra mitica, una sorta di "Itaca dell'anima". Come un salto mortale all'indietro. Il lettore se lo chiede subito se deve seguire il sentiero. E poi lo segue abbrancato dalla narrazione che sa di oralità e si perde nelle storie dei personaggi che, anche loro, sembrano sbalzati da un tempo sghembo, dinocollato, e di profumo felliniano disegnato da Andrea Pazienza.

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Due i protagonisti dei racconti. Ciccio Paradiso, alter ego dello scrittore, e Jo Pinter. Jo Pinter, chi era costui? Attore di cinema e teatro off, pubblicitario, commerciante, creatori di locali di tendenza che erano entrati nella leggenda, vitellone rollingstoniano, guidatore di auto sportive per diletto e autore di beffe, biscazziere, cartaro di tarocchi e di cartine ma soprattutto era stato colui che si era inventato il neologismo "Cosangeles". E intorno a Jo Pinter, che è lo sguardo focale della narrazione, si apre un sipario teatrale di tipi umani che stanno sempre dentro /fuori la realtà e alimentano nel lettore la sensazione di trovarsi sempre ad un passo al di qua della veridicità. Perché, se è vero che la Cosangeles che scorre sotto gli occhi come una pellicola filmica mostra tratti antropologici e sociali riconoscibili, è vero uguale che nell'incastro della narrazione si ha come l'immagine di un dagherrotipo. Che si fissa a ricordare quello che eravamo e quello che siamo diventati sia in provincia che nella nuova metropoli. E poi le storie di Jo Pinter e di Ciccio Paradiso e dei tanti personaggi dalla forte tipicità , che parlano una lingua impastata di dialetto e neologismi "cosangelini", hanno una forza vitalistica potente, che si muove tra sogni, rivoluzioni piccole e grandi, smargiasserie, calcio, droga, musica, film, libri, filosofia, giornalismo, viaggi , amori, utopie che, nonostante tutto, erano ancora possibili. Utopie, appunto. Di cui si sente tanto il bisogno. Perchè Cosangeles ha l'urgenza di quelle storie che possono salvarci.