Sgraditi e indesiderati

falcomata minicuci sfidadi Claudio Cordova - E' un po' una pena da girone dantesco avere ancora per una decina di giorni tra i piedi la combinazione Giuseppe Falcomatà-Antonino Minicuci. Tra i piedi, sì. Non è (solo) misantropia o notoria poca affabilità. E' un commento politico.

Numerico.

Il dato politico che emerge dal primo turno è che il prossimo sindaco di Reggio Calabria sarà decisamente poco voluto, poco apprezzato, poco considerato dalla cittadinanza. Nessuno dei due, infatti, riesce a superare la soglia (anche psicologica) del 40%. Non ci riesce lo sfidante, Antonino Minicuci, scelto con una tattica da istinto suicida dalla Lega e dal centrodestra, che, con un candidato più credibile, avrebbe avuto la strada verso Palazzo San Giorgio spianata. Ma non ci riesce nemmeno (e questo dovrebbe aprire serie riflessioni politiche) un sindaco uscente, Giuseppe Falcomatà, che ha avuto sei anni per cambiare la città e che, evidentemente, ha convinto pochi con la sua retorica del "secondo tempo".

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Sono due candidati più propinati che proposti.

Così malaccetti da riuscire nell'impresa di portare, per la prima volta nella sua storia, Reggio Calabria al ballottaggio. E di certo non per la grande quantità di candidati in campo. Quella c'è sempre stata. E, d'altra parte, i candidati "veri" erano (e questo lo si sapeva fin dall'inizio) non più di cinque, con gli altri che, come poi è accaduto, erano ovviamente destinati a un ruolo irrilevante, almeno sotto il profilo numerico.

A proposito di numeri, quelli di Falcomatà e Minicuci sono impietosi.

Non solo in due non riescono nemmeno ad arrivare a ¾ dell'elettorato totale, ma entrambi restano ampiamente sotto le proprie liste:  Falcomatà di oltre quattro punti, Minicuci, addirittura, circa del 7%. Ecco l'indice di sgradimento. In passato, anche se sconfitti, altri candidati riuscirono a trainare la propria parte politica: si pensi a quando, pur perdendo contro Demi Arena, Massimo Canale sovravanzò le proprie liste di una decina di punti percentuali. Scendere, in maniera peraltro non irrisoria, sotto le proprie liste è invece sintomo di grande debolezza, di disapprovazione da parte degli elettori.

Ma non finisce qui.

Pur rimanendo ben sotto le compagini a sostegno, altre brutte notizie per i due candidati a sindaco e sfidanti al ballottaggio arrivano proprio dalle liste. Dalle "loro" liste. Le due liste di riferimento di Giuseppe Falcomatà, quelle di sua chiara e indiscussa ispirazione, Reset e La Svolta, racimolano rispettivamente il 3,46 e il 3,44 dei voti. Va ancora peggio allo sfidante: la lista "Minicuci Sindaco" non va oltre il 3,4%.

Se non sono chiari segnali di fastidio questi...

Sono, per motivi diversi, due candidati poco credibili. E questo non è nelle opinioni, ma nei numeri. E la cosa che più colpisce è che non riescano, in alcun modo, ad imparare dai propri errori. Falcomatà e il centrosinistra, anche nei commenti a scrutinio abbastanza inoltrato hanno continuato sulla solita, inefficace e miope retorica del "non consegnare la città alla Lega". Una linea che ha dimostrato di essere perdente, anche in virtù del fatto che la lista della Lega in città non riesce a toccare nemmeno quota 5%.

Non funziona.

Continuare su questa linea, non può funzionare. E, del resto, sempre rimanendo alle cifre, rispetto alle elezioni del 2014 (dove c'erano ben 9 candidati alla carica di sindaco), Falcomatà ha perso la bellezza di oltre 20mila voti, cioè più di un terzo rispetto alle 58mila preferenze con cui stravinse contro Lucio Dattola. E se il Partito Democratico perde 5mila voti rispetto al rilevamento del 2014, le due liste del sindaco, Reset e La Svolta sei anni fa toccarono l'8,4 e l'8,2% dei consensi, più del doppio rispetto al magro bottino di questi giorni. Un disastro: con una lista in più a sostegno, il centrosinistra riesce a racimolare solo circa 800 voti di lista in più rispetto al centrodestra che, tuttavia, continua col tafazzismo: i 31mila voti raccolti da Minicuci non sono poi così tanti in più rispetto ai 26mila di Dattola, che sei anni fa non solo aveva una lista in meno a sostegno, ma un partito, Fratelli d'Italia, che era all'1% e non di certo presente come in questo periodo, dove è alla soglia dell'8% in città..

Una decina di giorni. Le infinite operazioni di scrutinio hanno di fatto accorciato un po' le canoniche due settimane. Ma dieci giorni sono comunque pochi per convincere, realmente, l'elettorato. Troppi, invece, per avere ancora in mezzo ai piedi i due aspiranti sindaci più sgraditi della storia di Reggio Calabria.