Reggio, Spanò: “Fine commissariamento? Solo per interessi di potere”

spanofrancescodi Valeria Guarniera - E' tutto nelle mani dei cittadini che devono assolutamente capire l'importanza del ruolo decisivo – e incisivo – che hanno. E' questo il presupposto fondamentale per iniziare a costruire le basi per un cambiamento vero, radicale. Quasi rivoluzionario. A costo di alzare la voce: essere protagonisti è il primo passo. Ne è convinto Francesco Spanò, referente per Reggio Calabria di "Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie". Giovane e determinato, comprende fino in fondo l'importanza del suo ruolo: "Un servizio per questa terra". Non fa sconti, non si nasconde dietro le buone intenzioni, consapevole di rappresentare i valori della rete di Libera. E all'indomani della seconda assemblea pubblica cittadina lo ripete a gran voce: "Lo scioglimento? Atto assolutamente necessario. Siamo ancora nella fase della terapia, ci stiamo curando. E' folle – e si può spiegare soltanto con un interesse di potere – chiedere a gran voce che questa terapia venga interrotta"

Nella relazione introduttiva alla seconda assemblea pubblica cittadina, ti sei fatto portavoce di una domanda che – hai detto – si agita nel cuore di tutti i reggini: a che punto è la notte di Reggio? Per rispondere è necessario partire da una serie di punti fermi (da te sottolineati nella relazione), che devono costituire un punto di partenza per un dialogo fruttuoso e sincero tra Istituzioni e cittadini. Il primo riguarda lo scioglimento del Comune di Reggio per contiguità con la 'ndrangheta: lo hai definito un atto assolutamente necessario

"Si, è evidente: la lettura della relazione della Commissione d'accesso, il Decreto di scioglimento, il successivo giudizio al TAR hanno dimostrato che non si poteva fare altrimenti. Un atto sicuramente doloroso per la città ma assolutamente necessario perché ha fatto prendere coscienza ai cittadini che quella fino ad allora ritenuta la normalità della vita politica in realtà era una normalità completamente fuori dalle regole del gioco democratico. Ed era una situazione che si trascinava ormai da almeno un decennio"

Un atto che ha messo tutti di fronte ad una situazione quantomeno ambigua. Ti cito: "Dopo lo scioglimento, nessun cittadino può fingere di non sapere cosa stia accadendo nella nostra città. Eppure il risveglio di una coscienza civica non si sta manifestando in maniera diffusa..."

"Si, perché c'è una parte di città, troppo ampia ancora, che ritiene – pur non potendo più dire di non sapere – che tutto sommato quella realtà sia immutabile. E cioè che anche lo scioglimento, e tutti gli sforzi di partecipazione che tentiamo di fare, non riusciranno a mutare la situazione. Si ha l'idea che Reggio – idea che si riferisce in realtà a tutta la Calabria - sia una terra irredimibile, che non possa cambiare in profondità. La vogliamo chiamare rassegnazione? Certamente io non riesco a considerarla complicità. E' la rassegnazione della maggior parte del popolo reggino"

I cittadini, appunto, rassegnati ed esasperati cercano un capro espiatorio. Ma a puntare il dito, spesso, sono anche alcuni rappresentanti delle Istituzioni: "Dare la colpa ai Commissari – hai detto - è un tentativo ignobile di far dimenticare le gravi responsabilità di chi ha condotto Reggio al disastro civile e finanziario"

"E' un'analisi di comodo: si dà a loro la colpa di tutto. L'ultimo tentativo che vedo è quello di dire che bisogna tornare alla normalità e che questa normalità la possano portare soltanto coloro i quali hanno già governato la città (e abbiamo visto come l'hanno governata). Ma interroghiamoci: di quale normalità si parla? Quale normalità ha conosciuto Reggio, cui debba tornare? Allora, se le persone sono le stesse, se quelle persone invocano il ritorno a quella normalità mi chiedo quale sarà il risultato. Significherà, probabilmente, tornare alla situazione che c'era prima dello scioglimento. Sta ai reggini scegliere"

Parliamo dei Commissari: quali sono le maggiori colpe o responsabilità che imputi a loro? Cosa avrebbero dovuto fare e non hanno fatto?

"Al di là delle questioni tecniche, la cosa fondamentale che dovevano fare i Commissari e che non hanno fatto è di ristabilire la fiducia tra i cittadini e le Istituzioni, statali e comunali. Quindi dialogare, applicare gli istituti di partecipazione in maniera addirittura rafforzata rispetto a quello che già prevede il nostro Statuto. Perché è quello l'argine fondamentale contro le infiltrazioni future. E' quello, non c'è dubbio: il controllo dei cittadini sulle Istituzioni. Su questo invece siamo molto indietro ma ancora si può fare tanto"

Quale spiegazione dai a queste mancanze?

"Credo che dipenda dal fatto che loro – i Commissari – pensino di essere dei burocrati. Allora, che loro si possano sentire dei burocrati lo accetto, è un dato di fatto. Ma in questo momento hanno un ruolo politico, quindi devono comportarsi anche come dei politici. Nel momento in cui amministrano una città non sono dei burocrati, non possono esserlo, e di questo si dovrebbero rendere conto perché è un ruolo che poi ha (dovrebbe avere) delle conseguenze: ascoltare i cittadini, capire l'importanza degli istituti di partecipazione. Stando dietro ad una scrivania non si risolve nulla"

Probabilmente non viene riconosciuto il ruolo fondamentale – e potenzialmente incisivo – di quella che voi definite "la società responsabile": "Tanta ostinata sordità – hai infatti sottolineato - rischia di indebolire proprio le reti di cittadini che in questi anni hanno fatto argine al dilagare della 'ndrangheta sul territorio"

"Si, così si rischia che quell'argine venga smontato dalla rassegnazione - che prima o poi si fa strada anche nei cittadini più impegnati - alla sordità e ai cambiamenti che non arrivano. Ma dico di più: il mancato ascolto – o comunque il non cambiare di certi atteggiamenti e di alcune attitudini che c'erano prima nel Comune (e forse ci sono ancora, adesso che ci sono i Commissari) – rischia di indebolire queste realtà: se non si dà loro ascolto, saranno sempre meno punto di riferimento per la cittadinanza onesta e sana. Perché, se queste realtà non vengono ascoltate, i cittadini smetteranno di vederle come punto di riferimento. E quindi, complessivamente, la società responsabile si indebolisce, diventa meno credibile agli occhi dei cittadini. Questo è il rischio principale. Il problema è che da una parte non si accetta un ruolo di protagonismo della cittadinanza da parte delle Istituzioni. E parlo di partecipazione vera, reale, che è capace di incidere sulle scelte. Nello stesso tempo, gran parte della popolazione non si riconosce in questo ruolo da protagonista e preferisce essere comandata senza partecipare. Però a chi vogliamo dare la colpa: a questa parte di popolazione o al mancato ruolo di educazione democratica delle Istituzioni? E sappiamo benissimo che alcuni tentativi di partecipazione sono stati addirittura scoraggiati e repressi nel passato. Non voglio essere pessimista, anzi: le cose possono cambiare, ne sono certo. Reggio può voltare pagina. Ma lo deve fare su due presupposti decisi, imprescindibili: serve che la cittadinanza si prenda le proprie responsabilità e che lo faccia con determinazione, andando fino in fondo sulle questioni, però dall'altra parte, in questa fase, è necessaria una maggiore attitudine all'ascolto ed una reale collaborazione da parte della Terna Commissariale. Anzi, di tutta l'amministrazione comunale: dirigenti, impiegati, funzionari, amministratori delle società che fanno parte del gruppo comunale ecc. "

Una rete composta da tante realtà che hanno (dovrebbero avere) lo stesso fine. C'è una reale collaborazione? O piuttosto questa "parte buona" della città paga il prezzo di una eventuale frammentazione che c'è al suo interno?

"Se diciamo che è frammentata diamo già un'accezione negativa. Possiamo dire che è una realtà multiforme, variegata. Quindi questa varietà potrebbe essere fonte di ricchezza. Sicuramente non possiamo immaginare che l'associazionismo della nostra città sia avulso dai difetti della società reggina: l'individualismo sfrenato, ai limiti dell'egoismo, c'è anche nel nostro mondo. Però voglio sottolineare che tutte queste sono delle realtà che nascono come strutture di rete: Libera, per esempio, è una rete di associazioni. Quindi nascono per unire, con questo intento proprio nel loro dna, e allora credo vada già questo nella giusta direzione. Se poi addirittura tra reti di associazioni si riesce a collaborare, significa che abbiamo fatto un grosso passo in avanti. Sicuramente ci stiamo provando, molto più che in passato e mi pare che qualche risultato si veda. A me interessa che lo si faccia sulle cose concrete: queste settimane saranno decisive per capire se le realtà della cittadinanza responsabile reggina riescono a collaborare e a incidere. Perché poi collaborare significa davvero incidere, non andare per conto proprio. E' una rete che è molto vasta, che però si rende conto che non può bastare a se stessa su alcuni temi che richiedono una collaborazione ancora più vasta"

Altro elemento fondamentale perché queste realtà siano credibili agli occhi dei cittadini è la trasparenza. Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una serie di eventi che hanno riguardato il mondo dell'antimafia, insinuando il dubbio che anche lì le cose non siano poi così chiare. Il malaffare tenta di annidarsi anche di queste realtà?

"Si, lo avverto e mi piace che la questione venga posta in questi termini, cioè che il malaffare tenta di annidarsi in queste realtà, perché è questa la prospettiva giusta: non ci sono i preti pedofili, ci sono dei pedofili che si mettono a fare i preti. E non c'è una politica dei criminali, ci sono dei criminali che si mettono a fare politica (e magari vengono pure eletti). Ecco, anche nell'antimafia ci sono dei soggetti che già di per se hanno delle tendenze al malaffare e vedono un business possibile nello svolgere attività antimafia. E' questo quello che, secondo me, succede. Alcuni invece tendono a dire che il fronte antimafia ha nel suo essere la tendenza a diventare questione d'affare o di malaffare spesso. Dire "antimafia di mestiere" è una retorica molto pericolosa. Io però sto ai fatti: questi esempi ci sono, dovremmo chiederci con più coraggio, tutti, chi è stato a creare queste icone. E non mi sto riferendo solo alla stampa, ma anche a pezzi dello Stato e della politica che molto spesso non sono abbastanza vigili. Tutti dovremmo approfondire come si innescano questi meccanismi che creano star dell'antimafia, personaggi che non meriterebbero neanche di mettere piede nel mondo della cittadinanza attiva. Le Istituzioni, prima ancora dell'informazione, dovrebbero fare attenzione a non creare questi fenomeni. A me comunque interessa la credibilità che ha creato la rete di Libera invece, in quasi vent'anni di attività. Il nostro impegno è serio. Di fronte ad una situazione del genere abbiamo l'obbligo di dimostrarlo, con ancora più trasparenza e chiarezza all'esterno. Penso ai bilanci sociali che Libera fa in maniera molto precisa, a livello nazionale e su tutti i territori. La trasparenza è l'unico presupposto vero della credibilità e questo è il nostro impegno: nei prossimi mesi faremo vedere come le poche risorse che abbiamo vengono utilizzate e quanto producono"

Ti cito ancora una volta: "Nessun reggino che abbia a cuore la propria città auspica che la Commissione Straordinaria lasci Reggio prima di aver innalzato tutti gli argini necessari. Dopo un'operazione chirurgica (lo scioglimento) siamo ancora nella fase della terapia..."

"Il prefetto Chiusolo ha detto che la riabilitazione la vuole lasciare alla politica. Ma questa è ancora la fase della terapia. Ciascuno può avere l'idea che ritiene più giusta ma credo che tutti siamo d'accordo nel dire che una terapia non si lasci a metà. Per terapia qui si intende cacciare la 'ndrangheta fuori dal Palazzo definitivamente e creare le barriere perché non ci rientri. E' folle – e si può spiegare soltanto con un interesse di potere – chiedere a gran voce che questa terapia venga interrotta. Una terapia che è fatta di cose concrete: completare l'istituzione di nuove società che siano impermeabili alla penetrazione della 'ndrangheta; creare delle forme di regolamentazione più severe in alcuni settori dell'amministrazione; mettere in pratica gli istituti di partecipazione e tante altre cose che ancora andrebbero fatte. Chiunque la pensi diversamente ha l'obbligo di dare le motivazioni perché mi sa tanto che, come ho già detto, ci siano semplicemente degli interessi di potere dietro questa posizione. E temo che il fatto di ritenere che la terapia si possa interrompere nasconda il retro pensiero che nulla può cambiare. Si dà per scontato che la 'ndrangheta tornerà dentro il Palazzo, o che non la si possa fare uscire e questo è tremendo ed è la dimostrazione di una politica contigua a certi interessi"

Cosa ti aspetti dal quadro politico dei prossimi mesi?

"Io sono convinto che la proroga ci sarà e che quindi la città avrà altri mesi per fare delle cose concrete per migliorare la fase futura. Sono anche ottimista sulle scelte che i cittadini faranno alle prossime elezioni. Lo sono su quei presupposti che ho detto, cioè che ci si prenda fino in fondo le proprie responsabilità e che i cittadini chiedano un vero rinnovamento ai partiti e se non lo vedono nei partiti mi aspetto che cerchino altre soluzioni che, faccio presente, altre città del Sud hanno trovato. Cioè, la popolazione meridionale negli ultimi anni per amministrare le proprie città è anche saputa andare al di là delle scelte imposte dai partiti, quando quelle scelte non sembravano convincenti. Per esempio, De Magistris a Napoli, Accorinti a Messina, Orlando a Palermo. Candidati, appoggiati dai propri partiti, ma che comunque si sono collocati fuori dalle imposizioni di partito e che hanno avuto la capacità di attirare un ampio consenso, a prescindere dall'appartenenza ad un determinato schieramento. Se a Reggio si volessero imporre gli stessi schemi – quelli che ci hanno portato a dover affrontare questa discussione - io mi aspetto che la cittadinanza sappia andare oltre perché queste esperienze hanno dimostrato che è possibile farlo"

A questo punto, dopo questa analisi, ti chiedo: a che punto è la notte di Reggio?

"E' ancora notte, questo è evidente. Credo però che sia passata la mezzanotte, siamo già in un nuovo giorno, in attesa di una nuova alba. Quanto ancora ci vorrà dipende dai cittadini: non dai Prefetti, non dai Procuratori, non da Roma che pure fanno – e devono continuare a fare – il loro dovere. Ma dipende dai cittadini di Reggio"