"Lo Statale Jonico", satira, ironia e denuncia per mettere a nudo la Calabria

lostatalejonicodi Valeria Guarniera - Ironica e dissacrante, pungente e irriverente: è questa l'anima de "Lo Statale Jonico", un progetto editoriale di satira politica e di costume calabrese che – uscendo fuori dalle righe –  ribalta le regole, mettendo a nudo la Calabria e abbassando lo scudo del vittimismo. Un'ironia graffiante, che fa umorismo su tutto e che, a suon di battute, sconfina nella denuncia, toccando temi scottanti e grandi problematiche: sanità, lavoro, emigrazione, gestione politica, vizi e virtù dei calabresi. Un progetto giovane e innovativo che – come sottolineano Isidoro Malvarosa e Antonio Soriero, autori e ideatori de Lo Statale Jonico – intende scardinare l'assioma secondo il quale ama la propria terra soltanto chi la incensa e vuole affermare che, oltre lo sterile atteggiamento vittimistico, si può essere meridionalisti con il sorriso perché - lo ribadisce Malvarosa, che per l'occasione si è fatto portavoce de "Lo Statale": "Se un sorriso non ci salverà, comunque, ci potrà aiutare a redimerci"

Lo Statale Jonico è un progetto innovativo e ambizioso, che fa del non prendersi troppo sul serio il suo punto forte. Come nasce l'idea?

"L'idea è nata a Roma durante una mostra al "Macro" il Museo d'Arte Contemporanea della capitale. Proprio lì, chiacchierando del più e del meno,  e affrontando alcuni temi che ci stanno a cuore riguardo la nostra amata Calabria – come capita spesso di fare a chi stando fuori ritrova un po' di casa parlando delle proprie radici – il progetto de Lo Statale Jonico ha iniziato a prendere forma nelle nostre menti, complice la sottile ironia, fatta di giochi di parole, sarcasmo e di un pizzico di amarezza, che ci accomuna e che è diventata il tratto distintivo del progetto. Già nel nome è racchiusa l'essenza del nostro progetto, in un gioco di parole Lo Statale Jonico rappresenta la Statale 106, che è un po' la metafora della Calabria: una strada mai finita, che continua ad essere un cantiere aperto, fonte di continui disagi; e poi lo statale, in quanto sogno del posto fisso, appunto, statale"

La satira come presa di coscienza, la dissacrazione come consapevolezza, l'ironia come arma di denuncia. Questa la vostra mission. Spiegati meglio.

"L'idea nasce proprio dall'intenzione di provare a fare ironia sulla Calabria e dalla volontà di riuscire – anche qui – ad emancipare la satira, attraverso un'ironia che si possa trasformare in presa di coscienza. In una terra – che amiamo perché è anche la nostra terra – in cui spesso si ha paura di fare nomi, di parlare di "qualcuno" noi intendiamo – e farlo non ci spaventa affatto – parlare di "qualcosa". Affrontiamo anche e soprattutto argomenti che ancora oggi sono considerati tabù e che formano quel grande pantano dal quale non riusciamo a uscire: sanità, assistenzialismo, trasporti ecc. per noi è tutto oggetto di satira. E' la realtà che ci ispira e che provoca le risate più amare"

A spingervi l'amore per una terra che entrambi – per motivi di lavoro – avete dovuto lasciare. C'è una dispersione di talenti che, per mancanza di prospettive, devono trovare la loro strada altrove. E questo è uno dei grandi problemi su cui, forse, è difficile scherzare ... quanto vi è pesato andarvene? Quali prospettive per chi decide di restare?

"C'è chi va via per esigenza e chi và via per scelta, con la volontà di fare un'esperienza fuori e con la possibilità – lecita – di non tornare. Dover abbandonare la propria terra non per scelta ma per necessità è un dramma, perché porta ad un impoverimento che deriva da una situazione problematica che offre poche possibilità a chi vorrebbe spendersi per il proprio territorio. Andare via per seguire le proprie aspirazioni, facendo una scelta consapevole, non significa assolutamente tradire la propria terra (c'è la tendenza a giudicare male chi lo fa). E poi c'è chi và via e dopo l'esperienza fuori – magari fatta di studi e di esperienze lavorative – decide di tornare per provare a concretizzare ciò che ha imparato nel suon territorio. Sono comunque convinto che  fare un'esperienza fuori – anche di breve durata –  sia molto utile (se non fondamentale) alla crescita di un individuo: uscire dai propri confini aiuta ad aprire la mente. Partire e poi tornare è, comunque, una scelta interessante che potrebbe far crescere la Calabria e portare una ventata d'aria fresca. Spesso, però, mancano le condizioni e tornare – o restare -  diventa una sfida troppo grande"

Il vostro sarcasmo  rappresenta una sorta di denuncia: provate – a suon di battute – a smuovere le coscienze mettendo a nudo la Calabria e i suoi problemi. Pensate di riuscirci?

"Vogliamo che la gente ci segua perché ci apprezza, non perché siamo di moda. Il nostro intento è formare un pubblico attento e sensibile, che sia in grado di comprendere la nostra filosofia. La nostra linea editoriale è chiara e vogliamo assolutamente mantenerla. Chi entra nella nostra pagina sa che i contenuti sono quelli: una satira amara che a volte può anche far storcere il naso. Non abbiamo la pretesa  - e non è mai stato nelle nostre intenzioni – di dare delle risposte ai grandi interrogativi o delle soluzioni agli eterni problemi. Quello che ci interessa è smuovere le acque, provare ad alzare il tappeto sotto cui è nascosta la polvere. Vogliamo parlare di tutto"

L'ironia spesso, però, viene intesa come superficialità e scherzare su tutto viene considerato "disdicevole". Vi definite "meridionalisti con il sorriso" e – specificandolo – intendete forse dire che l'atteggiamento che prevale è vittimistico e di rassegnazione. E' così?

"Siamo contro la logica del piagnisteo e del lamentarsi sempre. Siamo meridionalisti col sorriso perché – nella consapevolezza che ci sono tanti problemi – cerchiamo di parlarne senza piangerci addosso. Senza l'atteggiamento inutile che porta a criticare sempre. Purtroppo – in una falsa ribellione che in realtà è sterile – le lamentele dei meridionali finiscono quando si ottiene una sorta di soluzione soggettiva al problema, che và bene solo per qualcuno e tutto si esaurisce nella richiesta di un intervento assistenziale. Bisognerebbe prendere coscienza che è una questione nostra e che l'emancipazione di cui abbiamo bisogno non deve arrivare attraverso un processo esterno. La rassegnazione è l'unico modo perpetrato per mantenere la situazione e fa si che ci si abitui al negativo, vivendo come straordinario ciò che altrove è ordinario e – nei casi di desiderio di ribellione – spinge, spesso, ad andar via perché comunque – purtroppo – l'atteggiamento che prevale è di un vittimismo sterile che fa gioco a quella  parte di politica che su questa rassegnazione fonda la propria esistenza"

Grazie alla pagina Facebook portate avanti questo progetto e in tanti già vi conoscono. Progetti futuri?

"Il nostro progetto è nato su Facebook. Ciò ci ha dato la possibilità di essere più immediati e la garanzia di riuscire a raggiungere un pubblico vasto con estrema facilità, sfruttando una comunità già esistente. Cerchiamo comunque – all'interno di questa comunità – di crearne una in sintonia con la nostra idea. Abbiamo già tante persone che ci seguono e che – sentendosi in sintonia con il nostro progetto – lo appoggiano in pieno. Vorremmo fare – dopo quella di Podargoni, che ha avuto molto successo – una presentazione a Reggio. Obiettivo ambizioso è fare dello statale una testata, oppure un inserto, magari cartaceo, di un quotidiano e provare, comunque, a fare qualcosa qui perché – pur vivendo fuori – qui abbiamo forti legami e interessi che ci spingono a voler costruire qualcosa.

Victor Hugo diceva che "la libertà comincia dall'ironia". Una risata, dunque, ci salverà?

"Noi pensiamo – e speriamo – che una risata ci migliorerà. Più che salvarci dovremmo redimerci: il primo passo per la guarigione è riconoscere il problema"