Reggio Calabria a rischio default, la sentenza della Corte Costituzionale: “Manipolazione deficit sposta peso su generazioni future e deresponsabilizza rappresentanti eletti”

cortecostituzionaleRiproporre un piano di riequilibrio finanziario pluriennale ultradecennale sarebbe "in contrasto con il principio dell'equilibrio di bilancio" e "costituirebbe una lesione dell'equità intergenerazionale".

E' quanto si legge nella sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittima dell'art. 38, comma 2-ter, del decreto-legge 30 aprile 2019 che consentiva di dilazionare i piani di riequilibrio in vent'anni.

Il Comune di Reggio Calabria, con deliberazione del Consiglio comunale 30 luglio 2019, n. 37, "ha riproposto – viene ricordato nella sentenza – il piano di riequilibrio finanziario pluriennale, modificandone la durata, giacché ha previsto una dilazione temporale del recupero del disavanzo incluso nel piano in un termine doppio (ventennale anziché decennale) rispetto a quello originario. Più in particolare, il piano riproposto prevede che il disavanzo già oggetto della procedura di riequilibrio venga recuperato in ulteriori quattordici quote annue che si sommano alle sei annualità del piano già decorso, e, quindi, in venti anni complessivi".

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Nella pronuncia della Consulta, presieduta da Marta Cartabia con giudice redattore Aldo Carosi, viene evidenziato: "Riproporre il piano di riequilibrio finanziario pluriennale già approvato, estendendolo a un orizzonte ultradecennale, sarebbe innanzitutto in contrasto con il principio dell'equilibrio di bilancio e ripianare uno squilibrio di origine risalente in un periodo doppio rispetto a quello inizialmente prospettato, provocherebbe il «ribaltamento su generazioni future di debiti risalenti nel tempo, oltre alla liberazione di risorse (in virtù dell'alleggerimento della quota annuale di disavanzo da recuperare) che, lungi dall'essere destinate al risanamento finanziario dell'ente, [potrebbero essere] impiegate per espandere la spesa futura». Tale procedura costituirebbe una lesione dell'equità intergenerazionale, determinando la traslazione del debito pregresso da una generazione all'altra, senza che vi sia una correlata utilità per il sacrificio sopportato.

Ciò provocherebbe, inoltre, ad avviso del rimettente, una deresponsabilizzazione dei rappresentanti eletti dalla comunità locale, in quanto si avrebbe uno spostamento, «sulle generazioni future, del peso di gestioni finanziarie passate». Tale «scenario di riequilibrio ventennale min[erebbe] alla radice uno degli aspetti più pregnanti della legalità finanziaria [nel sistema fondato] su una democrazia rappresentativa, ossia la funzionalizzazione delle procedure finanziarie al vincolo di mandato degli amministratori verso la comunità che rappresentano».

"A essere in contrasto con gli evocati parametri costituzionali – spiega la Consulta - non è la durata astrattamente fissata nel limite di venti anni dalla tabella dell'art. 38, comma 1-terdecies, del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, bensì il meccanismo di manipolazione del deficit che consente – come già la norma dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 18 del 2019 – di sottostimare, attraverso la strumentale tenuta di più disavanzi, l'accantonamento annuale finalizzato al risanamento e, conseguentemente, di peggiorare, anziché migliorare, nel tempo del preteso riequilibrio, il risultato di amministrazione.

Tale meccanismo manipolativo consente, tra l'altro, una dilatazione della spesa corrente – pari alla differenza tra la giusta rata e quella sottostimata – che finisce per incrementare progressivamente l'entità del disavanzo effettivo. Il censurato comma 2-ter autorizza, infatti, gli enti locali che si trovano nella situazione del Comune di Reggio Calabria a tenere separati disavanzi di amministrazione ai fini del risanamento e a ricalcolare la quota di accantonamento indipendentemente dall'entità complessiva del deficit.

È fuor di dubbio – si legge ancora nella sentenza - che ogni bilancio consuntivo può avere un solo risultato di amministrazione, il quale deriva dalla sommatoria delle situazioni giuridiche e contabili degli esercizi precedenti fino a determinare un esito che può essere positivo o negativo. Consentire di avere più disavanzi significa, in pratica, permettere di tenere più bilanci consuntivi in perdita. Da ciò consegue che la gestione del Comune in predissesto, anziché essere strettamente raccordata al piano ritualmente approvato dal Ministero dell'interno e dalla Corte dei conti, riparte da un quadro incerto e irrazionalmente indeterminato, preclusivo di una serie di operazioni indefettibili per raccordare il nuovo piano di riequilibrio con quello approvato originariamente.

Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, e il suo assessore al Bilancio, Irene Calabrò, hanno chiesto un intervento del Governo, commentando così la sentenza: "Ancora una volta una sentenza della Corte Costituzionale rischia di mandare all'aria i bilanci degli Enti di mezza Italia. Il Governo intervenga immediatamente per evitare lo scempio che l'applicazione della sentenza provocherebbe". (Leggi qui)