Omicidio Canale: chiesti 7 ergastoli

omicidiocanale600di Claudio Cordova - Il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Sara Amerio, ha chiesto sette ergastoli per le persone accusate, a vario titolo, di aver avuto un ruolo nell'omicidio di Giuseppe Canale, assassinato in strada a Gallico, periferia nord della città, il 12 agosto 2011. Nel dettaglio, il pm Amerio ha chiesto l'ergastolo per Salvatore Callea, Antonino Crupi, Giuseppe Germanò, Filippo Giordano, Sergio Iannò, Cristian Loielo e Domenico Marcianò.

14 anni di reclusione sono stati chiesti per Nicola Figliuzzi, mentre 18 per Diego Zappia. Si sono rivelate determinanti le dichiarazioni rese dai collaboratori all'indomani degli arresti dello scorso novembre, con particolare riferimento a quelle rilasciate da uno degli esecutori materiali, Nicola Figliuzzi. Dal complesso dei contenuti dichiarativi emergeva come la vittima, Giuseppe Canale, fosse divenuto personaggio scomodo al gruppo di 'ndrangheta facente capo ad Antonino Crupi e Domenico Marcianò, poiché ritenuto esecutore materiale dell'omicidio – avvenuto il 20.9.2010 – di Domenico Chirico, suocero di Crupi ed elemento di vertice dell'omonima cosca di 'ndrangheta operante nella frazione Gallico.

Nella prima fase delle indagini, i collaboratori hanno fornito precisi elementi sui soggetti che materialmente avevano proposto l'omicidio ai killer, ovvero Salvatore Callea e Diego Zappia.

--banner--

Nuovi elementi sono emersi, inoltre, sulle modalità con le quali i killer sono stati indirizzati su Giuseppe Canale, soggetto non conosciuto dagli esecutori assoldati per il suo assassinio: si tratta di Marcianò (già detenuto) e Crupi (destinatario dell'odierna misura) che hanno incontrato i killer, hanno condotto insieme a loro i sopralluoghi sul luogo dell'agguato, hanno fornito una descrizione fisica della vittima, hanno dato il via all'esecuzione e hanno garantito il supporto logistico prima, durante e dopo l'omicidio.

Uno scontro tra le cosche egemoni della frazione, notoriamente molto nota per l'influenza criminale, soprattutto delle famiglie collegate alla potente cosca Condello di Archi. Quando viene freddato, infatti, Canale è un uomo che gli inquirenti conoscono bene: un lungo casellario giudiziale e l'accusa, nell'ambito del procedimento "Bless" di omicidio. Canale venne assaltato in un bar dove si trovava e freddato a poche centinaia di metri dall'esercizio commerciale, avendo tentato una disperata fuga in via Anita Garibaldi. A ucciderlo due giovani killer del Vibonese, pagati – secondo quanto emerso dalle indagini – tra i 10 e i 14 mila euro. Nonostante la giovane età, Nicola Figliuzzi e Cristian Loielo sono già noti alle cronache, avendo rivestito un ruolo importante nella faida tra i Piscopisani e il clan Patania, nel Vibonese, appunto.

Per gli inquirenti, dunque, il verosimile retroterra fattuale del presente omicidio è dato da un altro grave fatto di sangue, ovvero l'eliminazione proprio di Mimmo Chirico, uomo forte della 'ndrangheta del luogo. Una 'ndrangheta che, quindi, si riorganizza dopo le inchieste che in quel periodo la colpirono (l'operazione "Meta", soprattutto) con l'unico linguaggio che conosce: quello del piombo e del sangue. L'omicidio Canale, dunque, sarebbe maturato in un contesto di regolamenti di conti interni in seno al cartello criminale. Ed è significativo – oltre che inquietante – non solo che i killer di giovane età sarebbero stati pagati poche migliaia di euro per commettere il delitto, ma che i familiari della vittima, sebbene probabilmente a conoscenza degli artefici, avrebbero taciuto, come si evincerebbe dalle intercettazioni agli atti dell'inchiesta dei pm Giuseppe Lombardo e Sara Amerio.

Tra i mandanti dell'omicidio, infine, insieme a Domenico Marcianò, Sergio Iannò (anche lui già colpito dalla precedente misura cautelare) e Antonino Crupi figura anche Giuseppe Germanò, titolare di un negozio di ortofrutta a Gallico, che mise a disposizione degli altri indagati i locali del proprio esercizio pubblico per le riunioni propedeutiche alla consumazione del reato, prendendo parte in prima persona all'ideazione e alla programmazione del grave fatto di sangue.