"Alta tensione", interviene la Cassazione: "Vecchie intercettazioni non bastano per limitare libertà"

toga15aprNon bastano vecchie intercettazioni che risalgono al 2008 e una condanna già scontata a un anno e mezzo di carcere per droga, per limitare la libertà di un pregiudicato, assolto in primo e secondo grado dall'accusa di partecipazione mafiosa nell'ambito di un secondo processo ancora aperto, e sottoporlo a misure come l'obbligo di residenza. A dirlo sono le sezioni Unite penali della Cassazione con un verdetto garantista - l'ultimo nel 'segno' di Strasburgo firmato dal Primo presidente Giovanni Canzio, appena andato in pensione - che applica le regole che la Corte europea dei diritti ha indicato all'Italia lo scorso marzo nella sentenza 'De Tommaso'. Il verdetto comunitario - pur riconoscendo "la particolare vitalità e pericolosità" delle varie mafie nostrane - aveva comunque tirato il freno a mano sull'applicazione, da parte dell'Italia, di "restrizioni sulla libertà di circolazione" nei confronti di persone sospettate di vicinanza ai clan sulla base di elementi tacciati dalla Corte Edu di "astratta semplificazione probatoria", come una vecchia condanna e frequentazioni 'antiche', nella totale assenza di un riesame della vita 'attuale' di chi si vuole vincolare a limiti molto stringenti. Spesso senza considerare che ha passato degli anni in carcere durante i quali può aver compiuto un percorso di rieducazione o deciso di cambiare vita.

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Ora, facendo tesoro delle indicazioni del giudice comunitario, le Sezioni Unite hanno affermato il principio di diritto per cui "nel procedimento applicativo delle misure di prevenzione personali agli indiziati di 'appartenere' ad una associazione di tipo mafioso, è necessario accertare il requisito della 'attualità' della pericolosità" della persona destinataria delle misure. Con questa decisione, le Sezioni Unite - sentenza 111 depositata oggi - non hanno dato il via libera alla misura della sorveglianza speciale per due anni, con obbligo di residenza e versamento di una cauzione, nei confronti di Carmelo Gattuso, cinquantenne calabrese sospettato di far parte della 'ndrangheta nell'ambito di un processo iniziato nel 2011 e nel quale è stato assolto in entrambe i gradi. Si tratta del procedimento 'Alta tensione' ancora in corso perchè la Cassazione ha disposto un appello bis. In precedenza, Gattuso era stato condannato a un anno e mezzo per narcotraffico ma senza l'aggravante mafiosa. La misura di prevenzione era stata emessa dal Tribunale di Reggio Calabria nel 2015 e confermata dalla Corte reggina nel 2016 che aveva ridotto l'obbligo di dimora da tre a due anni. Il provvedimento faceva leva su intercettazioni del 2008 tra Gattuso e appartenenti alla 'ndrangheta ed era suffragato da "osservazioni di natura empirica e sociologica" in base alle quali il vincolo con i malavitosi è stabile fino a prova contraria. Per la Cassazione, come per Strasburgo, questo non basta. Ora la Corte reggina deve rivalutare il caso.