Reggio, col CSI Arcghillà Nord riparte dal diritto allo sport

Quando i volontari iniziano a montare il campo da mini-volley qualcuno storce il naso. Sgomma in auto, arriva e chiede: «Cosa volete?». Un interrogativo che spiazza i giovani del Csi "in missione" ad Arghillà Nord. Rione Modenelle per l'esattezza, un mostro di cemento in cui nessuno, neanche le forze di Polizia, hanno piena contezza di cosa accada. Quei portici, che ovunque vorrebbero dire gioco e spensieratezza, si trasformano per i tanti ragazzi che ci vivono nella scuola più dura: quella della strada. L'unica per alcuni di loro che hanno già abbandonato le classi dell'obbligo da qualche anno. Quelli sono i cortili dello spaccio e delle baby-squillo. A confermarlo sono i giovani che dalla scorsa primavera partecipano al progetto "Lavoro di Squadra" promosso da Action Aid, proprio col Csi e con il Consorzio sociale "Macramé", grazie al sostegno di Fondazione con il Sud.

I volontari del Centro Sportivo Italiano, tutti coetanei dei ragazzi di Arghillà Nord, hanno comunque deciso di "restare" in quella piazza che, secondo alcune cronache, è il fulcro dello smercio delle sostanze stupefacenti per tutta la Città di Reggio Calabria. Alla spicciolata arrivano i piccoli di Arghillà: qualcuno ha la sigaretta in bocca, a soli 11 anni, altri chiedono di fare le "porte" da calcio con le carcasse dei motorini bruciati. Modenelle è una zona off-limits, ma non per lo sport che riesce a raggruppare, in pochissimo tempo, decine di ragazzi e di ragazze. Giocano, fanno cioè quello che è normale alla loro età assieme ad istruirsi: molti di loro, però, sono dei neet, cioè non vanno né a scuola né cercano lavoro. Alcuni candidamente ammettono di "lavorare" già, arruffandosi in micro-reati. Quasi tutti di loro non hanno mai fatto parte di una squadra. Sono ragazzi che "non possono" giocare, costretti a crescere troppo in fretta con esempi diseducativi.

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Accanto a Eleonora Scrivo, referente di Action Aid a Reggio Calabria, Giulia Serranò, responsabile del coaching per Macramé e Paolo Cicciù, presidente del Csi reggino, per un pomeriggio – quello del 21 novembre – è andato"sul campo" anche Armando Neri, avvocato, giovane papà e vicesindaco della Città dello Stretto. Ha visitato quei portici, ha visto quei bambini essere felici con davvero poco. Ha toccato con mano, insomma, che anche a Modenelle si può provare ad invertire la rotta. Il pomeriggio «dei diritti» come è stato ribattezzato ha visto poi una sfida singolare: presso la struttura sportiva "Tommaso Maestrelli" ad Arghillà Sud, infatti, si sono fronteggiati in un'amichevole la "Arghillà a Colori", ossia la formazione figlia del progetto "Lavoro di Squadra", e i ragazzi della "Don Pino Puglisi" di Bosco Sant'Ippolito a Bovalino, l'oratorio gestito da suor Carolina Iavazzo, amica e compagna di viaggio del prete palermitano assassinato a Brancaccio.

Storie difficili che si intrecciano e che hanno un comune denominatore: la voglia di riscatto che, alla loro età, passa dal saper stare in campo secondo le regole del gioco.

Per trasformare lo sport in un vettore educativo reale, il Csi ha, poi, presentato – il 22 novembre – il primo corso di formazione per educatore psicosociale nella marginalità. Si tratta di un percorso che si svilupperà per tutto l'anno sportivo/accademico 2017-2018 unitamente all'Università per stranieri "Dante Alighieri" che già presenta nella sua offerta didattica il corso di laurea in Scienze del Servizio Sociale. L'iniziativa è stata tenuta a battesimo dal Rettore della "Dante Alighieri", Salvatore Berlingò. «Non c'è più tempo – afferma Paolo Cicciù – lo Sport deve essere sociale, sono troppe le urgenze da affrontare. Noi ci stiamo provando lavorando in territori di frontiera come il Rione Modenelle di Arghillà Nord, ma al contempo promuovendo una formazione d'eccellenza che prepari gli operatori professionalizzati per agire sul disagio giovanile in modo incisivo».