Catturato Marcello Pesce: i dettagli sull'arresto del boss amante di libri e poesie

confarrestomarcellopesce2di Angela Panzera - Non ha opposto alcuna resistenza. Ai poliziotti che stanotte lo hanno catturato a Rosarno, Marcello Pesce alias "u ballerinu" si è arreso senza opporre alcuna resistenza. Al capo della Mobile Francesco Rattà,e al suo vice Fabio Catalano, il latitante ha solo chiesto di portare con sì in cella i suoi libri. Sì perché Marcello Pesce non è un boss qualunque. Ama leggere Proust ,Sartre, Dostoevskij, scrittori e filosofi vari.

I poliziotti, che stanotte hanno interrotto la sua latitanza durata sei anni, nel covo dove si nascondeva oltre ai vestiti e beni di prima necessità, hanno infatti trovato decine di libri. Marcello Pesce si è sempre distinto rispetto agli altri membri della cosca. Amava frequentare la movida della Piana, da qui il suo soprannome, e amava leggere. Addirittura parla benissimo il francese, dicono quasi stupiti gli inquirenti. Nel contempo però avrebbe assunto le redini della 'ndrina dopo l'omicidio del padre Rocco Pesce, trucidato il 7 giugno 1969 in un agguato mafioso, figlio "preferito" del defunto boss Giuseppe Pesce, classe 1923.

"Oggi è una giornata bellissima per la provincia di Reggio Calabria. Marcello Pesce è un capo strategico della sua cosca. L'operazione è stata difficilissima, poteva esserci un conflitto armato. Il mio ringraziamento agli uomini della Polizia di Stato". Queste le parole del Procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Rah che stamani ha illustrato i dettagli del blitz in conferenza stampa tenutasi presso i locali della Questura cittadini. "Anni di indagini per catturarlo, tanti poliziotti hanno lavorato per circoscrivere il luogo dove si nascondeva il latitante, ha affermato il Procuratore. Oggi la 'ndrina perde il suo riferimento sul territorio. Gestiva il traffico di stupefacente. È un uomo di grandissimo significato considerato che la sua cosca insieme ai Bellocco gestiscono il porto di Gioia Tauro. Il latitante non si nascondeva soltanto, ma continuava a tenere le redini dell'organizzazione. Oggi abbiamo fatto respirare il territorio calabrese, spero che i cittadini se ne rendano conto".

Il blitz della Squadra Mobile non è stato per nulla facile. Così come avvenuto per la cattura dei latitanti Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro, avvenuta sempre per opera della Mobile un anno fa nelle campagna della Piana, il rischio di una sparatoria era altissimo. "I miei uomini- ha detto il Questore Raffaele Grassi- sono stati bravissimi. Hanno rischiato la vita per assicurarlo alla giustizia". Pesce, che era inserito nell'elenco dei cento latitanti più pericolosi stilato dal Ministero dell'Interno, si era dato alla macchia dall'aprile del 2010 quando i Carabinieri persero le sue tracce nell'ambito dell'operazione "All inside". L'inchiesta decimò la cosca Pesce di Rosarno e i processi che ne scaturirono videro boss e affiliati condannati a pene durissime dai giudici dello Stretto. Lo stesso Marcello Pesce l'anno scorso è stato condannato in Appello a più di 16 anni di carcere in quanto ritenuto responsabile di associazione mafiosa. Gli inquirenti ci hanno impiegato sei anni a catturarlo. Rosarno non è un territorio facile da esplorare.

"Un risultato straordinario- ha detto il procuratore aggiunto Gaetano Paci- Pesce non è uno qualunque. Non è stato un boss che è stato semplicemente latitante. Abbiamo contezza che dal covo ancora dettava regole e impartiva ordini agli affiliati. Assicurarlo alla giustizia è stata una vittoria non solo per la Dda reggina e per la Polizia, ma per tutta la provincia". Il procuratore Cafiero poi, ci ha tenuto a sottolineare come la cattura del "Ballerino" è avvenuta "esclusivamente grazie all'acume della Squadra Mobile. Non abbiamo ricevuto informazioni da fonti confidenziali è questo è un chiaro segno che la Procura di Reggio Calabria non ha alcun bisogno dell'aiuto di criminali e delinquenti. Ci arriviamo benissimo da soli; noli non scendiamo a patti con nessuno", ha detto fiero il magistrato. Pesce non se lo aspettava di essere catturato.

Agli investigatori non ha potuto fare altro che arrendersi. "Sì sono io Marcello Pesce", ha detto ai poliziotti senza opporre alcuna resistenza. In manette sono finiti anche, con l'accusa di favoreggiamento della latitanza, Salvatore Figliuzzi, classe 1955 e il figlio Pasquale, classe 1976.

"Non è il solito latitante- ha detto proprio il capo della Mobile. Ha un cervello aguzzo. È una testa pensante applicata al male". Anche se la sua condanna è arrivata pochi anni fa, il suo nome compare nelle cronache e negli atti giudiziari dal 1990. "Il ballerino" gestiva, all'indomani dell'omicidio del padre, la cosca e i suoi affari. Anche se non è mai stato incriminato per traffico di droga per l'Antimafia gestiva carichi di cocaina all'interno del Porto di Gioia Tauro. La cosca Pesce infatti, insieme ai Bellocco, è "leader" in questo settore ed è anche una delle più feroci della Piana di Gioia Tauro. Per anni è stata protagonista anche di una lunga faida in cui è stata contrapposta al gruppo degli Ascone. In Appello infatti, Pesce è stato ritenuto colpevole di aver preso parte ad un summit pacificatorio con esponenti dei Bellocco, finalizzato ad impedire il dilagarsi di una pericolosa faida di ritorsione, scatenatasi a seguito dell'omicidio di Domenico Sabatino, vicino alla cosca Pesce, e proseguita con i tentati omicidi di Vincenzo Ascone e di suo cugino Aldo Nasso, con l'assassinio di Domenico Ascone ed il ferimento di Michele Ascone, vicini al gruppo dei Bellocco Nell'ambito di questi processi è stato inoltre, riconosciuto colpevole del delitto di intestazione fittizia di numerose autovetture, con l'aggravante della metodologia mafiosa. Adesso per il "ballerino" si sono aperte le porte del carcere. Niente discoteche e locali alla moda. La sua permanenza, qualora la Cassazione confermi la condanna in Appello, sarà molta lunga: 16 anni. L'unica consolazione per lui: i suoi amati libri.