"Meta": chiesta la conferma delle condanne di primo grado per il gotha della 'ndrangheta reggina

condellopasquale 500di Angela Panzera - Fatta eccezione per tre imputati, arriva dal sostituto procuratore generale Giuseppe Adornato una richiesta di condanna conforme a quanto stabilito nel maggio del 2014 dal Tribunale reggino presieduto da Silvana Grasso, con a latere Teresa De Pascale e Nicola Sapone, per le 17 persone alla sbarra nel processo di secondo grado, scaturito dall'inchiesta "Meta". L'inchiesta, messa in piedi dal Ros dei Carabinieri e dal pm antimafia Giuseppe Lombardo, ha visto seppellire sotto decine e decine di anni di carcere le principali cosche della 'ndrangheta reggina. Il pg Adornato quindi ha chiesto alla Corte presieduta da Antonino Giacobello, con a latere Stefania Di Rienzo e Silvana Cannizzaro, di confermare tutte le condanne di primo grado. Per gli imputati Nino Crisalli e il boss Carmine Alvaro, l'accusa ha richiesto ai giudici di piazza Castello che venga esclusa l'aggravante "delle più persone riunite" relativa al tentativo di un'asta giudiziaria, per Carmelo Barbieri invece, per il pg ha ritenuto chiedere l'esclusione dell'aver agevolato la 'ndrangheta in riferimento al reato di peculato ( un caso di uso di un'automobile in dotazione del consorzio di bonifica aerea dello Stretto). Se la Corte dovesse accordare tale istanza allora le pene per gli imputati saranno leggermente inferiori rispetto a quelle comminate in primo grado.

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Inoltre, la Procura ha richiesto che tutti gli imputati vengano dichiarati delinquenti abituali. Per Via Cimino quindi i giudici devono condannare gli imputati secondo quanto deciso dal Tribunale reggino. Il collegio comminò 27 anni di carcere per Giuseppe De Stefano, 20 anni di carcere per i boss Pasquale Condello, Giovanni Tegano e Pasquale Libri. Pene esemplari per i quattro "mammasantissima", ma anche per gli altri imputati alla sbarra che adesso potrebbero "perdere" De Stefano come imputato. All'esito del processo 17 anni e 9 mesi furono inflitti a Cosimo Alvaro, il boss di Sinopoli, 23 anni a Domenico Condello. detto "Gingomma", 21 anni ad Antonino Imerti (cugino del "Nano Feroce"), 16 anni a Domenico Passalacqua e Umberto Creazzo, 10 anni per Stefano Vitale e 13 anni per Natale Buda. 23 anni furono comminati a Pasquale Bertuca, 18 anni e 8 mesi a Giovanni Rugolino, 3 anni e 6 mesi ad Antonio Giustra, 3 anni a Carmelo Barbieri, 6 anni ad Antonino Crisalli, 4 anni e 6 mesi a Rocco Palermo. In apertura di udienza inoltre, la Corte ha rigettato l'eccezione sollevata dal difensore di Peppe De Stefano, ritenuto il boss di Archi, che nella scorsa udienza aveva non solo chiesto la scarcerazione del suo assisto, ma aveva sostenuto che il Tribunale nel redigere le motivazioni della sentenza, con cui sono stati condannati presunti boss e gregari della 'ndrangheta reggina, avesse usato alcune parti, col conseguente, "sovrapponibilità", dell'ordinanza di custodia cautelare emessa nel 2010 dal gip reggino.
Il Tribunale infatti, non può " entrare in contatto" con quanto scritto dal gip sennò per quanto riguarda le esigenze cautelari durante la celebrazione del dibattimento.
Oggi la Corte d'Appello ha rigettato l'eccezione e il caos giudiziario si è evitato poiché, in caso positivo per il difensore, la sentenza per Peppe De Stefano sarebbe stata nulla e allora il principio sarebbe stata nulla. La questione però non finisce qua perché l'avvocato Manna ha investito della questione anche il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, al fine di rivedere la regolarità del processo subito dal presunto boss di Archi. Il processo "Meta" è stato aggiornato al 25 novembre quando inoltre, i difensori di De Stefano depositeranno una memoria in cui porteranno all'attenzione della Corte alcuni elementi come le dichiarazioni rese dai pentiti Roberto Moio e Nino Fiume nell'ambito del processo "Archi", il memoriale scritto da quest'ultimo, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Consolato Villani ed una serie di intercettazioni contenute all'interno dell'ordinanza di custodia cautelare "Mammasantissima" l'operazione dei Carabinieri che nel luglio scorso ha fatto finire in galera, l'avvocato Paolo Romeo, il senatore Antonio Caridi, l'ex sottosegretario Alberto Sarra con l'accusa di aver fatto parte di una super associazione mafiosa in contatto con le cosche della città e il mondo della massoneria deviata. Prima della richiesta dei legali Marcello Manna e Marco Panella è stato proprio il presunto "Capocrimine" Peppe De Stefano, collegato in videoconferenza, a richiedere ai giudici l'acquisizione di questi atti. L'udienza, comunque, si è aperta con una nuova messinscena del boss Pasquale Condello, "Il Supremo", che si è presentato in video collegamento con la testa fasciata, rimuovendo la benda solo dopo l'ammonimento del presidente della Corte. Il Supremo ha eseguito, ma, dopo poco, ha abbandonato l'udienza, autorizzando così a scollegare il collegamento audio/video.