Perché vi consiglio e vi imploro di donare il sangue

donazionesangueclaudiodi Claudio Cordova - Il passaggio preliminare è fare coming out: io ho paura degli aghi e ho una soglia del dolore bassissima. E, però, da anni, dono il sangue grazie all'impegno dell'Adspem, dell'avvocato Pinuccia Strangio, che si spende in prima persona e che mi ha iniziato a una pratica che oggi rimpiango di non aver intrapreso prima.

Ho donato il sangue domenica scorsa, in piena emergenza Coronavirus.

Questo perché il terribile virus che sta flagellando il mondo non interrompe il bisogno di sangue sui territori, ma, anzi, lo incrementa. Lo stesso capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, nel ciclico, drammatico e necessario bollettino giornaliero sull'emergenza COVID-19 non manca di sensibilizzare gli italiani alla donazione.

Non avere scorte a sufficienza, soprattutto in periodi in cui gli spostamenti sono resi assai più difficili, sarebbe un danno gravissimo per i tanti ammalati che necessitano di sangue.

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E, quindi, il difficile periodo che viviamo non deve distoglierci da un'azione nobile che chiunque possa fare, dovrebbe fare. Questo perché tutto, che sia nel Presidio Ospedaliero dell'ospedale Morelli, che sia nelle autoemoteche dell'Adspem o nella sede dell'Avis, viene sempre fatto nella più totale sicurezza, per il donatore, per gli operatori sanitari e per chi, poi dovrà ricevere il sangue.

Ricordo ancora quando anni fa, il primario del Centro Trasfusionale di Reggio Calabria, Alfonso Trimarchi, con cui poi è nata una amicizia piena di stima, nel comunicarmi il mio gruppo sanguigno dopo la prima donazione mi scrisse, senza preamboli o saluti: "0 rh negativo, gran gruppo". E tuttora, ogni donazione, è una nuova festa, non solo per me e per il mio sangue universale, ma per tutti coloro che scelgono di fare qualcosa per gli altri, in un momento così drammatico per il Paese.

L'accoglienza da parte del signor Angelo Cortese, che non solo è l'autista dell'autoemoteca, ma anche colui che inizia a far mettere a proprio agio nell'attesa di salire sul veicolo, rigorosamente uno per volta, come il periodo impone. E poi i controlli preliminari della dottoressa Antonella Mandalari, l'igiene rigoroso e infine la donazione, grazie al lavoro di Flavia Gatto, infermiera professionale: "Ma allora hai la soglia del dolore davvero bassa" mi dice, cercando di distrarmi, come si fa con i bambini, ad ogni mio (spesso immotivato) sussulto.

Ma presto, persino io con le mie paure, mi sento bene per l'opportunità di poter fare qualcosa, peraltro senza poter minimamente paragonarsi a quanto stanno facendo altri. Ci si saluta con un caffè, un cornetto, o un succo di frutta. Per recuperare un po' di forze dopo la donazione, certo. Ma, forse, anche per festeggiare, per sancire un'unione di volontariato e cittadinanza.

Perché è proprio questo il tema. In settimane in cui tanti di noi avrebbero voluto essere medici o infermieri per dare una mano alle migliaia di persone che soffrono, si può fare qualcosa anche senza indossare un camice.

Fuori da ogni fanatismo e retorica: essere cittadini, essere italiani, passa dalla capacità di ognuno di noi di fare la propria parte.

E posso assicurarvi che anche in queste ore a Reggio Calabria, tante persone affette da gravi patologie, anche giovanissime, purtroppo, hanno urgente bisogno di sangue, nel reparto di Ematologia, ma non solo. Non è una frase detta così, per pietismo, ma, purtroppo, frutto della conoscenza di drammatiche situazioni quotidiane. 

Per questo vi chiedo di donare il prima possibile: l'autoemoteca dell'Adspem sarà domani, 19 marzo, davanti alla Chiesa di San Giorgio Extra, dalle 8 alle 11.30 per una raccolta straordinaria.

Perché donando il sangue si possono salvare vite.