64anni (I cugini di campagna)

cuginicampagnadi Nino Mallamaci* - Caro Peppe, o Giuseppe, stavolta ti devo proprio ringraziare. Non per il Waterfront: lo so che a te l'idea non piace punto in quanto capisci che ci sarebbe altro da fare prima di buttare altre tonnellate di cemento che rischiano di aggravare il problema dell'erosione costiera, che è più importante il mare pulito di quello che ci sta a ridosso. Ma quella denominazione in inglese, il fatto della progettazione realizzata da un'archistar: ancora la lingua albionica! E tu non resisti. Esprimo invece oggi le mie lodi nei tuoi riguardi, come, ahimè, raramente accade, perché io sono molto legato ai Cugini di campagna per ragioni che esporrò di qui a poco.

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Tu (ovviamente semplifico, lo so che c'è una commissione ad hoc) sei riuscito a scovare i Cugini chissà dove, alle soglie del 2020, per una delle serate della festa. Non so se sai che il cantante dei Cugini è sempre molto giovane - mentre gli altri membri sono ormai ben dentro la terza età - e se ne conosci il motivo. Ebbene, devi sapere che il giovanotto, oltre a cantare in falsetto, ha un compito molto più importante. Anzi: fondamentale. Quando da qualche amministrazione comunale o pro loco, o, al limite, dal fabiofazio di turno, arriva una chiamata per il complesso – così si chiamavano ai loro tempi – egli, con un camioncino predisposto per il rimorchio, si reca in un luogo segretissimo, sembra nel ventre di un monte dell'Appennino centrale, e da lì torna indietro con un frigo container attaccato dietro. Questo accade il giorno prima dell'esibizione. La sera dopo, direttamente dietro il palco, all'ora stabilita, apre il portello, e da lì, come per incanto, spuntano i nostri eroi già armati di strumenti – che non usano: tutto avviene rigorosamente in play back – lustrini, capelli cotonati, pantaloni a zampa d'elefante. E via con lo show! Ti confesso, caro Peppe o Giuseppe, che io sarò in prima fila al concerto dei Cugini. E arrivo al motivo della mia gratitudine per te e dell'affetto per loro. Avrò avuto sì e no 13 o 14 anni, ed era una delle rare volte in cui ero in macchina con mio padre. Percorrevamo la strada che collega il mio ameno paesino al mare, e ricordo perfettamente anche in quale delle decine di curve stavamo transitando, quando il mio occasionale autista accese lo stereo della macchina, una fiat 131 1600 targata RC173558. La cassetta – stereo 7 partì immediatamente: "Quando io avròòòòòòòòòò, sessantaquattr'anniiiiiiiiiii, e un velo d'argento vedrai sui capelliiiiiiii....". "Bella", disse alla fine mio padre, che di musica conosceva solo la lirica e Fiume amaro di Iva Zanicchi, "chi è che canta?" (lo disse in dialetto, ma traduco per comodità di lettura). "I cugini di campagna, risposi io. "Chi? E che significa?" "E' il nome del complesso, papà". "Mah!", fece lui. E il dialogo, uno dei più lunghi tra di noi di tutta la vita, si spezzò con quel moto di stupore, misto a riprovazione, tra una curva e l'altra. Ma io, che già allora schifavo Sanremo e il melodico italiano, ed ero appassionato di progressive, ho conservato quella canzone nella mia memoria in maniera indelebile, tanto che ricordo il testo ancora oggi, quando ho quasi raggiunto l'età del titolo. E stamattina, quando un amico al bar, per rimarcare l'anacronisticità della scelta, mi ha detto di ricordare, dei Cugini di campagna, solo Anima mia, io l'ho rintuzzato, dicendogli che no, ce n'era un'altra di canzone famosa, almeno per me. E, in falsetto, come farò sotto il palco di festa Madonna, mi sono messo a cantare "Quando io avròòòòòòò....".

* Avvocato e scrittore