Gratteri alla Giustizia: perché l’ipotesi sa (nuovamente) di “bufala”

gratteri200819di Mario Meliadò - Il 22 febbraio 2014, nell'entourage del presidente del Consiglio dei ministri incaricato Matteo Renzi e tra i "fedelissimi" dell'allora procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, tutti ne erano ben certi: Gratteri sarebbe stato il Guardasigilli nel nuovo Governo formato dal leader nazionale dèm, che aveva ricevuto il mandato dal Quirinale appena cinque giorni prima.

Le cose non andarono esattamente così, e "per compensazione" (?) ci fu un altro ministro calabrese "legalitario": l'ex sindaco di Monasterace Maria Carmela Lanzetta (che già nel gennaio successivo avrebbe lasciato il dicastero degli Affari regionali), in anni recenti oggetto di gravissime intimidazioni quando era amministratrice del centro nell'Alto Jonio reggino.

A cinque anni e mezzo di distanza, il copione pare riproporsi: in queste concitate ore di vigilia di un probabile esecutivo "giallo-rosso" (cioè Cinquestelle / Pd, dopo il "giallo-verde" targato Cinquestelle / Lega) non è sfuggita proprio a nessuno l'indiscrezione rilanciata sulle colonne di Repubblica da Goffredo De Marchis (giornalista parlamentare romano già in forza a Il Giornale, ma i cui non trascurabili esordi sono legati al giornalismo sportivo nelle fila de Il Giorno), che vedrebbe l'oggi procuratore distrettuale di Catanzaro in procinto di diventare ministro della Giustizia nel Conte-bis o, comunque, all'interno di un probabilissimo nuovo esecutivo "legalitario ma Lega-less".

Niente da dire sulla grande competenza di De Marchis né tantomeno sul fulgido operato del magistrato geracese, però mai come stavolta rumors paiono far rima con "balle".

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Il tema è: perché Nicola Gratteri non diventò Guardasigilli nel governo Renzi?
In troppi (salvi gli addetti ai lavori, ovviamente) non lo ricordano, ma non ci fu alcuna questione d'antipatia né, come pure qualcuno disse&scrisse, alcuna volontà di "tagliare le gambe" a un magistrato antimafia che avrebbe dato l'input decisivo nel contrasto ai clan.
Semplicemente, Gratteri non entrò nella squadra governativa di Matteo Renzi perché non s'era e non s'è mai visto – e viene tuttora considerata ipotesi impensabile sotto il profilo della prassi e assolutamente scorretta dal punto di vista deontologico – un magistrato in carica rimanere in plancia e, seduta stante, diventare ministro della Giustizia, andando cioè a regolare e guidare quel comparto di cui lui stesso fa organicamente parte.

Per cronaca, va detto che nemmeno nell'anticamera del cervello di Renzi era transitata la possibilità che esistessero cause in qualche modo impeditive alla cooptazione, del tutto suggestiva, di quella che viene unanimemente considerata una strepitosa risorsa nel contrasto alle mafie e al tempo stesso nella divulgazione di squallidi metodi e rituali delle cosche (basterà pensare ai fortunatissimi libri firmati "a quattro mani" col giornalista Antonio Nicaso). Questo, al punto da far trapelare ufficiosamente la lista dei suoi ministri: e anche per questo motivo Gratteri "diventò ministro", per 3 ore, sul consultatissimo portale online Wikipedia...
Ma l'allora Capo dello Stato Giorgio Napolitano la pensava assai diversamente, in questo senso confortato da importanti costituzionalisti: ha buon senso pensare a un magistrato che diventi Guardasigilli solo se, prima d'assumere il delicato incarico, il pm o giudice si prenda un "periodo sabbatico", un break, insomma uno stacco che non lasci continuità cronologica tra le sue effettive funzioni magistratuali e l'inizio delle funzioni da ministro.

Le indiscrezioni propalate da Repubblica odorano parecchio di "bufala" proprio per questo motivo: nulla è cambiato rispetto alle ragioni di opportunità che "suggerirono" all'allora Presidente della Repubblica di rispedire indietro la lista dei ministri vergata da Renzi, quanto al nome di Gratteri. Anzi, una cosa è mutata: l'aggravamento di tale inopportunità, perché a diventare ministro della Giustizia "per direttissima" sarebbe non più un "mero" magistrato, ma ormai un procuratore distrettuale di un capoluogo di regione.

A proposito, giusto per dirla tutta: ma perché, allora, poté diventare Guardasigilli un magistrato come Francesco Nitto Palma?
...Ma perché l'esponente di Forza Italia Nitto Palma, al momento dell'inserimento nei ranghi del governo Berlusconi (il 27 luglio del 2011: restò in carica fino a novembre, quattro mesi appena), solo formalmente era un magistrato, mentre nella sostanza da circa 20 anni ormai faceva politica a tempo pieno. Già nel '94, Nitto Palma era stato vicecapogabinetto di Alfredo Biondi quando l'oggi 91enne decano del Partito liberale era proprio ministro della Giustizia; entrato in Parlamento nel 2006, ne uscì solamente in séguito alle Politiche dello scorso anno; dal 2008 al 2011 era stato sottosegretario all'Interno... insomma, al momento della sua nomina a Guardasigilli, non era certo un magistrato in attività da almeno due decenni (a proposito, non lo è neppure adesso, da ex-parlamentare: Francesco Nitto Palma è infatti il capo di gabinetto dell'odierno presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati).

Giusto?
Sbagliato... almeno secondo chi da questo governo Conte sta uscendo a passo di carica, cioè la Lega.
Ricorderete infatti che Matteo Salvini & C. volevano a tutti i costi Paolo Savona all'Economia. Per "inchiodare" (secondo loro) il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i leghisti avevano addirittura scomodato un Padre Costituente ed eccezionale giurista come Costantino Mortati, sottolineando un suo commento presente: per il Capo dello Stato, ebbe a scrivere Mortati nelle "Istituzioni di Diritto pubblico" (1975), la proposta dei ministri da parte del Presidente del consilgio incaricato è «strettamente vincolante».
Risultato? Mattarella ritenne che l'antieuropeismo di Savona mettesse oggettivamente a rischio la permanenza dell'Italia nell' "area euro" e impose che l'economista non entrasse al Governo, o in alternativa – come poi accaduto – almeno non al timone di quel Ministero. E non fece altro che, ebbe a scandire il costituzionalista e presidente dell'Associazione costituzionalisti italiani Massimo Luciani, esercitare «i suoi poteri costituzionali». Così come, su altro fronte, nel '94 l'allora inquilino del Colle Carlo Azeglio Ciampi pretese e ottenne che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi "si rimangiasse" la nomina di un altro uomo di legge di Reggio Calabria: il suo avvocato Cesare Previti, dunque "commutato" in ministro della Difesa (l'oggi 84enne uomo politico è stato poi condannato in via definitiva a 6 anni e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici per corruzione in atti giudiziari nel contesto del processo Imi-Sir e a un anno e 6 mesi a séguito del processo per il "lodo Mondadori", sempre per corruzione).

Ed è "sbagliato", comunque, anche nell'interpretazione autentica di Nicola Gratteri rispetto ai fatti di 5 anni fa...
Negli anni scorsi, l'oggi procuratore capo catanzarese ha più volte detto la sua pubblicamente sui "veri" motivi per cui la sua nomina a Guardasigilli nel 2014 sarebbe stata "bocciata" da Napolitano.
Ha raccontato Gratteri d'aver conosciuto in precedenza solo il "braccio destro" di Renzi Graziano Delrio (già presidente nazionale dell'Anci, l'Associazione nazionale Comuni italiani, e successivamente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e poi ministro a Infrastrutture e Trasporti), e d'aver conosciuto personalmente l'ex sindaco di Firenze solamente il 21 settembre 2014, cioè il giorno prima che Matteo Renzi salisse al Quirinale con la lista dei suoi ministri (che includeva il nome di Gratteri), di avergli parlato «per tre ore» delle sue «utopie in tema di Giustizia» e di provvedimenti «sgraditi alla politica, che potrebbero abbattere dell'80% l'invasività delle mafie» e d'aver visto un Renzi entusiasta all'idea e pronto a sostenerlo in tutto: «Le do carta bianca», avrebbe ripetuto più volte il premier in pectore.

E il giorno dopo?
Consultazioni al Colle troppo, troppo lunghe. Estenuanti. «Stavano litigando per me», è stata poi la ricostruzione di Nicola Gratteri, che avrebbe avuto uno specifico riscontro in questo senso proprio da Delrio: «Napolitano la considera un pm troppo "caratterizzato"», avrebbe asserito il politico reggiano. E in tanti hanno speculato su questa "caratterizzazione", tratteggiando un Capo dello Stato "ballista" in quanto Gratteri non ha mai neppure aderito ad alcuna corrente in seno alla magistratura... In realtà, la "caratterizzazione" cui si riferiva – a torto o a ragione – Napolitano riguardava un certo giacobinismo che, periodicamente, è stato rinfacciato a Nicola Gratteri anche da avvocati e organi di stampa come il defunto quotidiano Il Garantista.
Mentre dal canto suo il magistrato, certo d'essere stato "silurato" per i motivi appena citati, ha chiosato in questo modo: «Ho tirato un sospiro di sollievo: amo troppo il mio lavoro. Però, l'idea di "fare una rivoluzione" in un settore così importante come la Giustizia mi sarebbe piaciuta molto». E forse, a Gratteri non dispiacerebbe nemmeno oggi.