I negazionisti della ‘ndrangheta

Duisburglineadisanguedi Claudio Cordova - Deve essere stata una pena del contrappasso da girone dantesco assistere, nel giorno in cui ricorreva l'anniversario della strage di Capaci, alle risibili e stucchevoli proteste delle politica (ma non solo) circa la trasmissione da parte della RAI della fiction che avrebbe dovuto mettere in scena la storia della strage di Duisburg, del Ferragosto 2007.

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Una fiction pessima, come quasi tutte le produzioni RAI: scritta male, diretta peggio e recitata ancor di più.

Su questo, qualora si fosse critici cinematografici, ci si dovrebbe confrontare. Non sulla solita pelosa retorica dei "calabresi onesti", della "stragrande maggioranza laboriosa", che invece viene oscurata, parlando solo di 'ndrangheta. Invece, abbiamo dovuto sorbirci l'indignazione sui social, che poi è diventata istituzionale, con gli interventi, tra gli altri, del governatore Mario Oliverio, del presidente del Consiglio Regionale, Nicola Irto, nonché della parlamentare di Forza Italia, Jole Santelli (leggi qui).

E vai con i luoghi comuni.

Per Oliverio sarebbe stata offesa "la dignità di una intera regione impegnata a costruire faticosamente il proprio futuro, con le sue energie migliori, per riscattarsi". "La nostra è una comunità composta, nella sua stragrande maggioranza, da persone orgogliose, oneste e lavoratrici, che con la 'ndrangheta non hanno nulla a che vedere". Con l'eco finale della Santelli: "E' stato lanciato il messaggio subliminale di un corpo unico, cosa che offende due milioni di cittadini onesti, che vivono di lavoro e sacrifici".

Ancora una volta torna la retorica vittimista che vuole convincere la società che siano gli altri a dipingerci come brutti, sporchi e cattivi, a fronte del passato magnogreco, del clima o del bergamotto. Nessuno ha protestato contro "Gomorra", sostenendo che si volesse far passare l'onnipotenza della camorra, invece di parlare della mozzarella di bufala, della pizza o delle meraviglie di Napoli. O, ancora, nessuno ha detto che "Romanzo Criminale" abbia fatto passare il messaggio di una Roma asservita ai diktat della banda della Magliana, invece di mostrare la maestosità del Colosseo.

Solo in Calabria, tutto ciò viene usato come strumentale scudo. Un negazionismo vergognoso, come se si negasse l'Olocausto o, meglio, se si dicesse "sì è vero, c'è stato, ma Hitler ha fatto anche cose buone".

E invece, la Calabria potrà fare passi in avanti contro la 'ndrangheta che – con buona pace della politica – è IL problema, solo se diventerà un caso nazionale. Solo se prenderà coscienza del fatto che in determinati contesti degradati, non è vero (ripetiamo, NON E' VERO) che la maggior parte della popolazione sia onesta e laboriosa oppure che, in contesti molto più ricchi e sviluppati, come quelli della borghesia, non è vero (ripetiamo, NON E' VERO) che non si strizzi l'occhio alla 'ndrangheta, al malaffare e alla mentalità mafiosa.

Nel giorno di Capaci, ai vari Oliverio, Irto, Santelli e simili agglomerati politici, forse è meglio ricordare quanto raccomandava Paolo Borsellino: "Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene". Che se ne parli, però, con cognizione di causa, non con l'inguardabile fiction "Duisburg – Linea di sangue" andata in onda qualche sera fa: con produzioni e realizzazioni adeguate, girate in Calabria, nei luoghi della 'ndrangheta, produzioni e realizzazioni che abbiano un percorso di documentazione alle spalle, che non facciano parlare i calabresi in siciliano, che non facciano magiare pasta e 'nduja o che non raccontino la 'ndrangheta in maniera folkloristica, ma per il cancro che è. Film che siano affidati a sceneggiatori veri e ad attori credibili.

Insomma, storie che mostrino la pervasività del fenomeno 'ndranghetista, che non è così marginalizzato come la politica vorrebbe far passare. Come ci diranno certamente i vari Gioacchino Criaco e Mimmo Gangemi nella kermesse di luglio nella Locride. Pagata dalla Regione.