La storia di "Liberi di scegliere", diventata fiction sulla Rai

scenaliberidiscegliere2di Mario Nasone* - O stai cu previti, o stai cu nui. Questo l'ultimatum che Antonio (nome di fantasia) ricevette dalla madre, moglie di un boss ucciso in una delle tante guerre di mafia, che don Italo Calabrò conobbe al carcere minorile di Reggio Calabria e che al termine del percorso di affidamento fatto dal Tribunale per i Minorenni all'associazione Agape, con il compimento della maggiore età doveva fare una scelta. Ritornare al suo paese, prendere il posto del padre ucciso e curare i suoi affari come chiedeva la madre o fare una scelta dolorosa di rottura. Un passaggio lacerante per il giovane che dopo essere stato coinvolto in diversi atti criminosi ed avere quasi concluso il suo apprendistato nella mafia, grazie agli incontri fatti, aveva scoperto che un'altra vita era possibile. Scelse di stare dalla parte giusta e per questo è stato costretto ad andare via al nord dove, grazie alla rete di solidarietà attivata, trovo un lavoro, un inserimento sociale positivo, nuove amicizie. Vinse definitivamente la sua sfida quando convinse la madre a rompere anche lei con il clan ed a raggiungerlo. Una delle tante storie emblematiche di quegli anni '80 e '90. Don Italo Calabrò fece la stessa cosa con gli undici minori coinvolti nella faida di Cittanova che aveva visto alcuni di essi uccisi da quella guerra che provocò 49 morti ammazzati. Anticipando quello che oggi fa Di Bella., nel tentativo di salvarli da un destino di morte e di devianza, convinse il Tribunale per i minorenni ad allontanarli dalla loro famiglie ed a collocarli presso famiglie e comunità del reggino e del nord, grazie anche all'aiuto del gruppo Abele di don Ciotti.

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A queste storie, non tutte a lieto fine, si è ispirato il presidente del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria Roberto Di Bella quando iniziò, con la collaborazione dei volontari del centro comunitario Agape e di Libera, a sperimentare il programma Liberi di scegliere che in modo più strutturato ed organico sta realizzando una vera e propria strategia per la liberazione da un destino di ndrangheta di tanti minori. Un lavoro che nei primi anni ha trovato diffidenze, silenzi, attacchi anche da esponenti della magistratura ma che oggi, dopo il riconoscimento avuto dal CSM e ora con la risonanza della televisione di Stato, ha ottenuto apprezzamento e visibilità.

L'auspicio è quello di potere avere un recepimento delle finalità e della metodologia del programma Liberi di scegliere attraverso una legge che la regolamenti e la faccia applicare in tutto il territorio nazionale prevedendo investimenti e risorse. Anche per evitare che la coraggiosa sperimentazione di Di Bella rischi di concludersi alla fine del suo mandato al tribunale per i minori di Reggio. Se sarà così la fiction di Rai Uno oltre che a smuovere le coscienze sarà uno stimolo per i nostri governanti a sposare a livello politico un lavoro eccezionale svolto da tanti operatori e volontari della giustizia minorile reggina.

* Coordinatore dell'Osservatorio regionale sulla violenza di genere e Presidente del Centro Comunitario Agape