Caridi e Cannizzaro nel resort ospiti della ‘ndrangheta: e che problema c’è?

Cannizzaro Francesco nuova 1di Claudio Cordova - Attenzione ad alzare all'infinito l'asticella dell'indignazione, perché il rischio concreto è di assuefarsi a ogni schifezza. Che la notizia lanciata ieri dalle colonne del Dispaccio su quanto emerso nel procedimento "Gotha" circa i presunti rapporti con uomini della 'ndrangheta dell'ex senatore Antonio Caridi e dell'attuale deputato di Forza Italia, Francesco Cannizzaro, non abbia suscitato reazioni ufficiali da parte di nessuno, è qualcosa di molto molto preoccupante.

Beninteso, non perché la notizia sia stata scritta dal nostro giornale. Le notizie non sono mai di chi le scrive, le notizie sono della comunità (leggi qui).

Per i suoi presunti rapporti con la criminalità organizzata, Caridi è stato arrestato, poi scarcerato e oggi affronta il processo senza ricoprire alcuna funzione pubblica. E, però, che in un aula di tribunale si parli in determinati modi di un parlamentare della Repubblica in carica, è grave, molto grave.

E la questione avrebbe meritato un intervento.

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Invece, nessuno ha proferito verbo. Tralasciamo il centrodestra, anche se sarebbe stato molto bello (e sorprendente) che le persone oneste che si riconoscono in quello schieramento marcassero le distanze. Parliamo degli altri. Né il Movimento 5 Stelle, né il Partito Democratico, né Libera o qualche altra associazione antimafia. Vogliamo sperare per una disattenzione o perché nessuno, tra costoro, è un abituale lettore del Dispaccio. Sarà certamente così. Il Dispaccio non è una lettura sufficientemente degna per costoro. Viceversa sarebbe una inquietante ammissione: questo è il modo di fare politica in Calabria e questo dobbiamo tenerci.

A questa idea, tuttavia, preferiamo non rassegnarci.

Preferiamo credere che non sia né giusto, né necessario intrecciare rapporti con mondi oscuri per poter raccogliere consenso elettorale. Caridi e Cannizzaro si muovevano all'unisono, si relazionavano da pari a pari con persone che la Dda di Reggio Calabria individua come organici (e in alcuni casi con posizione apicale) alla 'ndrangheta. Chiedevano voti, organizzavano incontri pubblici e privati.

Ma non solo.

Non è ammissibile, infatti, che un deputato della Repubblica possa aver in passato soggiornato a spese di soggetti vicini alla 'ndrangheta in un resort lussuoso. Più volte e per fini privati. A dirlo, in un'aula di tribunale, sotto giuramento, non è un quisque de populo, ma un ufficiale dell'Arma dei Carabinieri. Non è ammissibile perché queste pericolose relazioni sono state intrecciate nello stesso territorio – la Piana di Gioia Tauro – dove poi Cannizzaro ha costruito gran parte del proprio bacino elettorale per diventare parlamentare di Forza Italia. E poco importa che tutto ciò sia avvenuto alcuni anni dopo.

Non si tratta di giustizialismo o di essere manettari, come semplicisticamente si vuole far passare.

Tutto ciò, con le aule tribunale c'entra ben poco. Quelle "servono" ad altro. C'entra con l'etica, con la moralità, con l'essere adamantini, caratteristica che chi fa politica dovrebbe avere. Non si chiede la forca per nessuno, ma solo un po' di decoro, dato che, da uomo forte di Forza Italia e del centrodestra, verosimilmente Cannizzaro sarà uno di quelli con la voce più pesante per decidere le candidature in provincia di Reggio Calabria in vista delle future elezioni regionali e comunali.

E allora, ci chiediamo, cos'altro si deve fare, in Calabria, per diventare "impresentabili" sotto il profilo politico?

Lo chiediamo ai protagonisti della vicenda che abbiamo raccontato. Ma lo chiediamo, soprattutto, a chi ha taciuto, perdendo un'occasione per tracciare i giusti confini. E, ancora, a chi – convinto di essere una persona onesta – continua a sostenere costoro, a partecipare alle convention politiche. Lo chiediamo, infine, ai giovani: che non si lascino abbindolare da questi modi, che potranno certamente portare un successo immediato, ma che non sono ciò che serve alla Calabria.