Immigrazione, non solo un fatto umanitario

migranti1set 500di Nino Mallamaci* - In questi giorni Budapest è scossa dalle proteste contro quella che è stata ribattezzata la "legge della schiavitù". Il presidente Orban e la sua schiacciante maggioranza, in sostanza, garantiscono agli imprenditori la possibilità di aumentare l'orario straordinario dei lavoratori fino al 400 % all'anno, permettendo che il pagamento sia spalmato sui tre anni successivi. La carenza di manodopera, determinata da vari fattori, il più incisivo dei quali è la chiusura delle frontiere accoppiata con l'insufficiente tasso di natalità, sta mettendo in difficoltà l'economia magiara. Da qui, la misura studiata dal Governo per ovviare al problema. Nella vicina Polonia, caratterizzata ormai da anni da una crescita economica impetuosa e dalla stessa politica anti immigrazione, la medesima carenza è solo in parte mitigata dal flusso continuo di lavoratori ucraini.
Questi due esempi dimostrano ancora una volta quanto peso abbia il tema dell'immigrazione sul benessere e sulla capacità di sviluppo delle economie avanzate, dove l'equilibrio complessivo del sistema può essere assicurato solo mediante iniezioni di energie fresche. L'invecchiamento della popolazione può essere combattuto solo aumentando il tasso di natalità, oppure facendo arrivare e integrare nel tessuto produttivo giovani provenienti da altre parti del pianeta, spinti dalla ricerca di una prospettiva di vita migliore.
Nel nostro Paese siamo da tempo alle prese con un tasso di crescita dell'economia prossimo allo zero, cui si accompagna un analogo andamento del tasso di natalità. Ora, come gli economisti più avveduti si sforzano di far capire ai masochisti fautori dei confini blindati, una quota consistente del tasso di crescita del PIL di ogni Paese è legata all'aumento della popolazione, in particolare a quella in età produttiva. Il discorso è di estrema semplicità: più persone lavorano regolarmente, più crescono il prodotto interno, i contributi, le imposte pagate allo Stato. La prima conseguenza dell'innesco di questo circolo virtuoso è la diminuzione del deficit pubblico, che diminuisce non tagliando le spese e quindi il debito, ma accrescendo le entrate. Tutte le misure prese, anche dall'attuale Governo, per stimolare la prolificità vanno in questa direzione.
Ma a questo punto qualche domanda è lecita. Queste misure hanno una reale efficacia, specie nel breve periodo? Si può ritenere che il basso tasso di natalità sia determinato solo da fattori economici, per cui una coppia decide di sfornare figli per accaparrarsi gli incentivi previsti? O tali scelte hanno in massima parte motivazioni di natura ben diversa? Le risposte ai quesiti appena posti sono, a mio avviso, scontate.

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D'altro canto, sull'opportunità di favorire l'afflusso di immigrati – non per ragioni umanitarie, che consapevolmente metto da parte - ci sono da prendere in considerazione le argomentazioni dei sovranisti, almeno quelle apparentemente non derivanti da beceri xenofobia e razzismo, preoccupati dalla potenziale invasione, dalla sostituzione etnica, dalla perdita di identità.
A tali obiezioni si può far fronte semplicemente invitando a dare un'occhiata alla Storia. Se qualcuno pensa che il movimento di popoli si possa fermare con i muri, la caccia alle o.n.g., la chiusura dei porti. Se crede che, a parte guerre e altri problemi, i cambiamenti climatici causati dai Paesi industrializzati possano lasciare immutata l'attuale distribuzione della popolazione nel globo terrestre. Beh, se c'è qualcuno che in buona fede ritiene verosimile uno sviluppo del cammino dell'Uomo in questa direzione, allora si tratta non di miopia ma di completa cecità.

La verità è che un fenomeno di così immane portata può essere solo governato col buon senso, riconoscendo che qui si tratta non di soccorso unidirezionale, noi per loro, ma di assistenza reciproca. Loro hanno bisogno di noi come noi abbiamo bisogno di loro. Dallo scambio reciproco, dall'incontro, può scaturire un futuro migliore per tutti.

Il Ministro dell'Interno ha dichiarato che Riace si deve ripopolare di bambini autoctoni, figli di Riacesi, e non con neri e asiatici. Fatto sta che in quel paesino spopolato dall'emigrazione l'asilo aveva aperto grazie ai migranti, dando lavoro anche ai nostri conterranei così come tante altre attività in tutta Italia. Il micidiale mix di odio e cecità ne ha fatto chiudere i battenti.

* Avvocato e scrittore