Cammera con vista sbarre

reggiocalabriaaltonotte 500di Claudio Cordova - Quello che è accaduto negli ultimi mesi è qualcosa di storico per Reggio Calabria. E – non servono fughe di notizie per capirlo – quello che accadrà nel prossimo futuro lo sarà ancor di più. Dopo gli anni della cattura dei grandi latitanti e dell'aggressione ai patrimoni della 'ndrangheta, la Dda di Reggio Calabria ha alzato il livello sull'elite della criminalità organizzata: quelle eminenze grigie, quei professionisti, quei pubblici ufficiali, quei massoni, che hanno permesso alla 'ndrangheta, da diversi lustri a questa parte, di compiere il salto di qualità che le ha consentito di soppiantare, in quanto a pericolosità e ricchezza, ogni altra organizzazione criminale.

Sono quei centri di potere che sopravvivono a ogni era, a ogni sindaco, a ogni boss latitante, a ogni retata delle forze dell'ordine, perché così forti e radicate da rigenerarsi, sfruttando nuovi rapporti e nuovi equilibri di potere politico ed economico.

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La Dda di Reggio Calabria ha alzato il livello. Lo ha fatto con magistrati esperti, come Roberto Di Palma, con reggini, lontani da quella nauseabonda melassa cittadina, come Stefano Musolino, con giovani magistrati "stranieri", come Rosario Ferracane, Luca Miceli e Matteo Centini. Pm che si occupano da relativamente poco tempo degli intrecci criminali reggini, a fronte di altri – impelagati in storie da romanzo Harmony – che non portano mai a niente di buono.

Da mesi a questa parte, ci troviamo a dire che ogni indagine è l'emblema del perverso intreccio reggino: "Il Principe", "Sistema Reggio", "Fata Morgana", ora "Reghion".

In tutte queste inchieste emerge – mutatis mutandis – il perverso abbraccio tra mondi diversi che siedono attorno a un "tavolino", che talvolta è metaforico, ma che, assai più spesso, è materiale e serve a mettere giù accordi, equilibri, mazzette. E' il caso dell'inchiesta "Reghion", che ha come principale indagato il potente dirigente comunale Marcello Cammera. Un uomo di Paolo Romeo, come è noto da circa quindici anni ormai. Le relazioni di vicinanza con la cricca di Romeo, cristallizzate in indagini pregresse, non hanno impedito a Cammera di continuare la propria ascesa e la propria opera al servizio dell'avvocato Romeo.

Solo recentemente – e, chissà, per aver annusato il pericolo – ha chiesto di essere trasferito, magari nel tentativo di attenuare le esigenze cautelari, dato che, come emerge dall'inchiesta del pm Musolino e dei Carabinieri, sapeva (o comunque sospettava fortemente) di essere oggetto d'indagine.

La 'ndrangheta è un sistema relazionale, ma questo nessuno sembra capirlo o volerlo capire. Perché fa comodo. Fa comodo credere che un'amicizia, una vicinanza, una solidarietà, non costituiscano – in determinati sistemi malati – lo schermo dietro cui si proteggono le lobby e i legami massonici. Non è un caso che, salvo casi isolati, siano scomparsi dalle cronache i melensi attestati di stima del lavoro degli inquirenti da parte di politici, evidentemente terrorizzati, associazioni di categoria, anch'esse lambite dalle inchieste, o da altre realtà sociali che con padrini, padroni e predoni reggini hanno fatto fortune in tutti questi anni. Cauti, tutti. Nemmeno da Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, nonostante il coinvolgimento del commissario regionale, Domenico Kappler, è arrivato un sibilo. Perché nel sistema relazionale della 'ndrangheta c'è spazio per tutti e nessuno può essere sicuro di non essere incappato in qualche rapporto promiscuo. Perché fa comodo credere che si diventi impresentabili solo con le manette ai polsi. Un garantismo da strapazzo che diventa la scusa per aprire ogni porta agli uomini di Paolo Romeo o a Paolo Romeo in persona.

Un soggetto dall'intelligenza raffinatissima, condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa, considerato elemento di raccordo tra 'ndrangheta, massoneria e servizi segreti deviati, intimo di altre (e alte) eminenze grigie come gli avvocati Giorgio De Stefano e Antonio Marra, capace però di dettare le linee su quasi ogni settore della vita pubblica reggina: dai lavori sul lungomare della "sua" Gallico, passando per le strategie sul lido Comunale, e, ancora, il lucroso appalto per il servizio idrico cittadino, fino alle ingerenze nel mondo dello sport. Tutto in mano all'associazione segreta di cui Romeo sarebbe stato il capo incontrastato. Nel network dove, come da antica tradizione, "una mano lava l'altra", c'è di tutto: imprenditori, professionisti, funzionari pubblici, magistrati, giornalisti. Facile, così, pilotare la debole, ignorante e inetta classe politica.

I comitati d'affari come quello scoperto nell'inchiesta "Reghion" non hanno poi così bisogno della politica. Sono capaci di sopravvivere alle varie stagioni, seppur esse, talvolta, appaiano parecchio fulgide.

E così abbiamo la cricca di Romeo che preme in favore del progetto di Pino Arena, fratello del sindaco sciolto per 'ndrangheta, Demetrio Arena, ma abbiamo lo stesso centro di potere che riesce ad avere vita facile nel periodo di gestione da parte dei commissari prefettizi, così come abbiamo il nuovo gancio nella giovane Amministrazione del sindaco Giuseppe Falcomatà, quel Francesco Gangemi che forse farebbe bene a spiegare la solerzia con cui perorava la causa di Gallico, feudo di Paolo Romeo, portando lì mezza Giunta Comunale per un'assemblea aperta e spingendo per la presenza dell'immarcescibile Cammera, longa manus dello stesso avvocato Romeo.

In mezzo, stritolata, la Cosa Pubblica. Ogni soggetto coinvolto – e in special modo i funzionari pubblici – ne hanno fatto scempio. Perché anche a causa delle grandi manovre illecite sull'appalto del servizio idrico Reggio Calabria paghe tariffe altissime per quanto concerne il canone acqua, a fronte di un servizio pessimo, che, soprattutto nella stagione estiva, lascia a secco tantissime famiglie, in periferia come nel centro storico. E' l'ostentazione del malaffare, l'apologia della mazzetta: come fa quel genio di Toni Cammera, fratello meno noto ma parimenti ammanettato di Marcello, che su una barca in dolce compagnia – convinto di non essere intercettato - racconta alla propria concubina il giro di tangenti di cui farebbe parte. Ottenendo solo curiosità e nessuna disapprovazione.

Che il Cielo liberi per sempre noi uomini da questo tipo di donne.

E poi il meccanismo reggino, che è sempre il medesimo: chi si discosta dal "sistema" viene isolato, delegittimato, schernito e, solo in extrema ratio, colpito materialmente e fisicamente. Da qui, tramite la giornalista regina dei salotti, Teresa Munari, le campagne di stampa per "salvare" Marcello Cammera o per delegittimare l'assessore ai Lavori Pubblici Angela Marcianò, che, come scrivono gli inquirenti, sarà tra le più fiere oppositrici dello strapotere di Cammera. Siamo alle solite: giornalismo e giustizia che vengono utilizzati come un mitra da orientare verso i propri nemici, per eliminarli o neutralizzarli. Capita con il giornalismo su commissione della Munari, ma capita anche con la raffinata strategia dell'avvocato Romeo, che punta a un esposto in Procura per abbattere il muro alzato dalla Sovrintendente Margherita Eichberg ai suoi piani.

La strada per la fine di una lunghissima epoca, però, è ormai imboccata da diversi mesi. La Procura della Repubblica, retta da Federico Cafiero de Raho, ha alzato il livello. Resterà ben poco di chi ha rubato, saccheggiato, inquinato, da chi si è fatto corrompere o da chi ha colluso con la 'ndrangheta. Li vedremo sfilare con le manette i polsi, poi in gabbia, a seguire i processi che li riguardano.

L'azione repressiva dello Stato lascerà macerie su una città per anni svilita dalla 'ndrangheta militare e da quella in giacca e cravatta. Toccherà poi alla parte sana della città – se esiste ancora – esaltarsi e ricostruire.

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