Isola Capo Rizzuto: i pentiti raccontano l'omicidio di Pasquale Nicoscia

bonaventuraluigibisdi Claudio Cordova - Sono diverse sentenze passate in giudicato a certificare l'esistenza della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto. L'ordinanza del Gip Abigail Mellace le ripercorre e le associa alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Da Domenico Bumbaca ad Angelo Salvatore Cortese passando per Vincenzo Marino fino ad arrivare a Luigi Bonaventura (nella foto).

Dichiarazioni che testimoniano la concreta e perdurante operatività della famiglia Arena, la più ricca e potente del comprensorio crotonese. Un controllo del territorio che il clan si guadagnerà a suon di pallottole. A partire dagli anni '80, infatti, gli Arena saranno protagonisti di numerosi fatti di sangue, che li verranno contrapposti alla famiglia Maesano. Una faida, quella mossa dagli Arena, portata avanti per un unico, ma fondamentale, obiettivo: controllare ogni singolo respiro a Isola Capo Rizzuto e dintorni. Anche negli anni successivi, la 'ndrangheta di Isola farà più morti della peste: tra il 2003 e il 2005 vengono censiti una ventina di fatti di sangue.

Ed è proprio un collaboratore di giustizia – Francesco Oliverio - a orientare un fascio di luce sull'omicidio di Pasquale Nicoscia, detto "macchietta", elemento di primo livello della 'ndrangheta crotonese. Nicoscia verrà ucciso alla fine del 2004, proprio nell'ambito della mattanza che si scatenerà sul territorio crotonese. Secondo le indagini della Dda di Catanzaro, i responsabili sarebbero Francesco Gentile, Giuseppe Arena (classe 1962) detto "Cicala" e Paolo Lentini, detto "Pistola". Gentile e Lentini erano già stati indagati in passato, ma la loro posizione verrà archiviata. Oggi invece vi sono nuove prove (oltre a quelle già acquisite tempo addietro): prove che riguardano le conversazioni ambientali, ma anche le lunghissime dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Oliverio, che la Dda di Catanzaro ha riversato in blocco nelle indagini. Rispondendo alle domande del pubblico ministero Salvatore Curcio, Oliverio fa il nome di Franco Gentile e Pino Arena, detto "Cicala".

Il 22 marzo 2012, Oliverio ripercorrerà col pm Curcio i rapporti tra suo padre e la cosca Arena: "Io ho mantenuto sempre uno stretto rapporto, in particolare c'era un'amicizia al di fuori con la buonanima di Franco e con Pasquale Tipaldi" dice, facendo riferimento a Franco Arena, assassinato nel 2000 e Pasquale Tipaldi, ucciso nella vigilia di Natale del 2005. Al pm Curcio, Oliverio racconterà anche di incontri avvenuti in carcere, per l'assegnazione di nuovi gradi: "Ho incontrato Pasquale Nicoscia detto "macchietta" che lui era lì per un processo per gli omicidi degli Arena, siciliani erano, degli zingari, si chiamavano anche Arena che poi mi sembra che è stato pure condannato, e già lì mi ricordo che dovevano fare, dovevano affiliare ad uno e anche a me mi dovevano riconoscere un altro grado di affiliazione, essendo che si era messo Antonio Papalia, c'erano i Barbaro e già lui si lamentava che come responsabile della provincia voleva messo lui, ma io non lo consideravo". Rapporti tesi, quelli tra Oliverio e Nicoscia: "Eravamo arrivati al punto che scendevamo all'aria e non ci salutavamo nemmeno".

Rapporti tesi con Nicoscia, ottimi rapporti, invece, con gli Arena, che avrebbero assistito Oliverio anche nei periodi di semilibertà. Siamo nel 2004: "Io sono uscito a gennaio, qualche mese perché in questa occasione è salito anche una volta Carmine personalmente [...] voleva fare un reimpasto proprio per sti discorsi che succedevano e tragedie, voleva fare un reimpasto ndranghetistico cominciando dal suo paese e arrivando a Belvedere insomma, stavamo parlando di progetti e territorio". In Calabria si è già iniziato a sparare e Oliverio riceverebbe 100mila euro per l'acquisto di armi. Poi viene assassinato con un bazooka Carmine Arena: "All'inizio sapevamo i Nicoscia, la famiglia Nicoscia, famiglia Manfredi, ma non sapevamo diciamo chi c'era, che c'era il Corda, che c'era il Manfredi, che c'era il Capicchiano. Sì, si supponeva chi era, poi dopo siamo venuti a conoscenza". Poi arriveranno notizie più precise: "A quanto mi risulta c'erano sia i Corda, non so se era Paolo o Cenzo, non mi ricordo bene, c'era quello che ha sparato con il bazooka, che poi è stato proprio soprannominato "il bazookista", sto Pasqualino Manfredi e poi c'erano pure mi sembra i fratelli Capicchiano, insomma non so se c'era Pasquale Nicoscia". La guerra è aperta e gli Oliverio metterebbero uomini a disposizione degli Arena: nomi, quelli fatti da Oliverio che vengono prontamente coperti dagli "omissis" nelle carte d'indagine. Lo stesso Oliverio si sarebbe offerto come killer per rispondere al fuoco degli avversari mafiosi: "E si è parlato che magari il primo obiettivo era sto Pasquale Nicoscia anche per dare una... essendo che era lo stesso cognome pure per dare una risposta netta a livello anche delle altre famiglie che pensavano che gli Arena stavano perdendo".

E si leggono diversi "omissis" anche quando il pm Curcio interroga Oliverio sulle varie alleanze su cui gli Arena avrebbero potuto contare: da Belvedere Marittimo a Cirò. Supporto logistico in termini di uomini, armi, ma anche mezzi, come le auto blindate utilizzate per gli spostamenti e per gli agguati.

Le domande del pm Curcio, però, si fanno lentamente più stringenti e arrivano all'omicidio Nicoscia. E Oliverio farà i nomi dei presunti autori: "Franco Gentile, Pino Arena, u "Cicala", che io dicevo che Pino non sparava, lo prendevo in giro che non era buono". L'esecutore materiale, a detta di Oliverio, che riferisce racconti ascoltati alcuni anni fa, sarebbe stato proprio Franco Gentile: "Un fucile, un calibro 12, se non sbaglio, e una pistola" le armi usate secondo quanto riferito da Oliverio. "E partono, partono pere Cerenzia – prosegue Oliverio – per la casa di OMISSIS li attendeva lì a sta casa, perché lui non è che ci abitava a sta casa, lui ogni tanto ci stava, è una campagna a Cerenzia vecchia. E diciamo strada facendo Franco aveva un telefonino, mi ha detto anche sto particolare OMISSIS, che a 200 all'ora Franco andava sotto e sopra che stava smontando sto telefonino e lo buttava pezzi pezzi strada facendo".

Dichiarazioni, quelle di Oliverio, che si incrociano con quelle già rese in passato da altri collaboratori, soprattutto con riferimento alla figura del terzo indagato, Paolo Lentini, detto "Pistola". Il nome di Lentini è ricorrente nelle affermazioni del collaboratore Domenico Bumbaca, che riferisce anche alcuni particolari sulle fasi preparatorie alll'omicidio Nicoscia: "E ho mandato a Francesco Cardamone a parlare con Paolo Lentini, perché in quel periodo là, come si era presentato da me Paolo Lentini, diceva che era lui quello che attualmente aveva la mano – come si suol dire nel gergo – a Isola Capo Rizzuto [...] a Paolo Lentini mandò a dire che se era una cosa che mi interessava proprio al mille per mille, una cosa che non potevo fare a meno, la macchina mi poteva essere restituita, però, se era una cosa che si poteva fare a meno, di lasciare stare che la macchina gli serviva a lui per... a loro per una cosa abbastanza seria". La cosa seria poteva essere proprio l'omicidio di Nicoscia: "Nell'ambiente avevo saputo che là c'era stato un omicidio fatto con una macchina ... con una monovolume". Un racconto, quello di Bumbaca, che verrà confermato anche da Luigi Bonaventura, collaboratore di giustizia, ma un tempo reggente del clan Vrenna-Bonaventura di Crotone. L'uomo, sentito nell'udienza del 7 luglio 2011 confermerà i dati riguardanti l'incarico che Lentini avrebbe ricevuto, ossia di recuperare un'auto per l'omicidio. Una macchina che, a detta del collaboratore, era nelle mani degli "amici di Isola". Bonaventura spiegherà in maniera esplicita contatti con la 'ndrangheta di Isola Capo Rizzuto e, in particolare, con la cosca Arena: "Erano loro i nostri amici su Isola".