Indagine Fuda-cosca Commisso: il “gran rifiuto” del vescovo di Locri ai carabinieri

olivafrancescovescovo15agodi Claudio Cordova - L'indagine a carico dell'ex sindaco di Siderno ed ex senatore Pietro Fuda si è avvalsa di diversi strumenti investigativi: partendo, come abbiamo visto negli scorsi giorni, da un esposto anonimo, si è usufruito poi delle intercettazioni telefoniche e ambientali, delle videoriprese, nonché degli accertamenti di natura documentale. Ma agli atti dell'inchiesta che vede Fuda indagato per concorso esterno in associazione mafiosa con la potente cosca Commisso, c'è anche un'annotazione dei carabinieri riguardante una fonte confidenziale, definita "di provata affidabilità", che avrebbe riferito al comandante del Gruppo Locri dettagli interessanti sulla presunta vicinanza di Fuda alla 'ndrangheta sidernese.

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Siamo infatti nell'aprile 2015 e impazza la campagna elettorale che culminerà, il 31 maggio, con l'elezione plebiscitaria (83% dei consensi) di Fuda alla carica di sindaco di Siderno.

La fonte confidenziale riferisce che Fuda avrebbe intessuto un imprecisato rapporto di "comparato" con Salvatore Macrì, già compromesso in vicende giudiziarie per traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e porto abusivo di armi. I Macrì sono una famiglia storica nello scacchiere criminale di Siderno: erano la "vecchia" 'ndrangheta, soverchiata poi dai Commisso tra gli anni '70 e '80. Il presunto "compare" Salvatore Macrì, infatti, è il fratello del defunto boss Vincenzo Macrì, detto "u Baruni", deceduto nel 2010 per cause naturali e, finchè in vita, ritenuto il capo dell'omonima 'ndrina per anni era egemone a Siderno. Si tratta infatti dei nipoti del celeberrimo don 'Ntoni Macrì, vecchio patriarca assassinato dalla nuova 'ndrangheta nel 1975 all'uscita del campo di bocce, che era la sua passione.

Ai carabinieri, dunque, seppur in maniera non ufficiale, arriva una notizia di non poco conto: il presunto rapporto di comparato tra un politico di grande peso come Fuda (che, oltre al ruolo di senatore, in passato ha ricoperto anche incarichi su base provinciale e regionale) ed esponenti di spicco della 'ndrangheta.

Per verificare tale circostanza, il comandante del Gruppo Locri, interloquisce riservatamente con il Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, al fine di conoscere la sua disponibilità a permettere ai carabinieri - in maniera discreta - un non meglio indicato riscontro sui registri canonici delle parrocchie di un indefinito comune della sua giurisdizione per verificare un'eventuale relazione di "comparaggio".

Solo quei registri, infatti, potevano chiarire l'effettiva veridicità dell'affermazione della fonte confidenziale. E, d'altra parte, i carabinieri non potevano di effettuare un intervento ufficiale, che avrebbe acceso i riflettori, rischiando di compromettere l'indagine. Da qui, dunque, la richiesta al vescovo Oliva, che, tuttavia, come relaziona il comandante del Gruppo Locri, fornisce un "cortese diniego", giustificato – è sempre scritto nel rapporto dell'ufficiale dell'Arma – "dall'opportunità di farlo fare a personale a lui (del vescovo, ndr) fidato".

Agli atti dell'inchiesta, tuttavia, non risulta alcun tipo di risposta da parte della Curia di Locri-Gerace.

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