"Aemilia", la cosca sceglieva quali media attaccare

Per attuare la propria strategia mediatica, basata sulla delegittimazione del prefetto e la tesi della "discriminazione" dei cutresi, la cosca di 'ndrangheta infiltrata a Reggio Emilia soppesava l'informazione locale. Attaccando quella ostile e "risparmiando" quella che pensava potesse tornare utile. E' il meccanismo sostenuto dal pm Marco Mescolini, nell'ultima parte della sua requisitoria contro gli imputati del processo Aemilia, tenuta oggi nel tribunale della citta' del Tricolore. Il disegno del sodalizio criminale, precisa il magistrato, ha preso forma "proprio davanti ai nostri occhi" quando cioe', a luglio dell'anno scorso, gli imputati dalle gabbie gridarono ai cronisti: "In galera" e "Scrivono cose false", indirizzando le accuse a tre organi di informazione: la "Gazzetta di Reggio", Telereggio e la Rai regionale. Per Mescolini dunque "l'attacco che fanno alla stampa e' un'altra cosa inaccettabile, ma loro (gli 'ndranghetisti, ndr) distinguono". L'ipotesi di Mescolini e' dunque che, se nessuna critica e' stata rivolta all'edizione reggiana del Resto del Carlino, questo sia avvenuto di proposito pensando al "futuro". A proposito del Carlino il pm rivela pero' un certo disappunto per le modalita' con cui e' arrivato ad essere pubblicato, il 14 aprile del 2016, un documento riservato del suo ufficio riguardante la moglie del sindaco Luca Vecchi, Maria Sergio.

--banner--

Si tratta dell'atto con cui Mescolini citava la moglie del primo cittadino a testimoniare nell'aula di Aemilia, che conteneva anche informazioni "non richieste" fornite al pm dagli investigatori, che Mescolini aveva "omissato". L'atto era pero' stato trasmesso anche alla Procura di Bologna, ma in questo caso le informazioni, comunque giudicate "non devastanti", non erano state secretate. Da qui erano finite sulle rotative del Carlino. La stoccata del pm e' quindi contro "la manina che ha trovato l'atto in mezzo a 187 faldoni". (Cai/ Dire)