Altilia (Fi): “Crotone non può più essere mortificata”

Rispetto a quelle di altri territori della nostra regione, non c'è purtroppo una fotografia più efficace ed eloquente di quella di Crotone e di questa provincia, la più disastrata e devastata dagli effetti perversi di un errato modello di sviluppo, per sintetizzare meglio la somma di errori storici e di fallimenti epocali che hanno accompagnato una idea della politica ed una concezione del governo locale e regionale; la stessa che oggi ha la peggiore e ci auguriamo ultima rappresentazione nella Giunta di centro sinistra guidata da Mario oliverio.

È quanto ha dichiarato Emanuela Altilia intervenendo a Crotone insieme ai candidati Roberto Occhiuto e Sergio Torromino sottolineando la necessità di dover ripartire con orgoglio e riscatto dalla mortificazione che da troppo tempo vive l'intero territorio insieme alla Città di Crotone, dimenticata e offesa nella sua storia, nella sua cultura, nella sua identità e nella sua economia, da capitale meridionale di un disegno industriale imposto e fallito a cicatrice ed emblema di un sud che esige anzitutto dignità, rispetto ed uno sviluppo finalmente sostenibile e durevole.

È soprattutto da questo territorio - ha aggiunto - che, oltre ogni forma di protesta fine a se stessa, può e deve giungere il consenso più forte e convinto per far ritornare il centro destra alla guida del Paese ed inviare, dal 5 marzo, l'avviso di sfratto al centro sinistra regionale, per costruire in tutti i territori quella inversione di tendenza, a partire dall'esigenza di rivendicare un diverso potere contrattuale in tutte le sedi regionali e nazionali, che non è più rinviabile.

Anzi tutto - ha concluso la Altilia - per continuare a credere che si può ancora investire nella nostra terra, senza assistenzialismo, senza promesse e senza clientele ed interrompere, attraverso una nuova classe dirigente, quella emorragia di intelligenze, di giovani e meno giovani, alla quale non possono e non potranno offrire risposte di nessun tipo né la demagogia né il populismo di quanti invocano l'incompetenza al potere.

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