La Reggina è un'altra cosa. L'informazione, pure

curva600di Paolo Ficara - Ciò che piace credere, non sempre corrisponde a ciò che è vero. Funziona così soprattutto dove sussistono sentimenti forti: il cuore non ragiona, altrimenti si chiamerebbe cervello. I tradimenti, quando vengono scoperti, possono essere perdonati o meno. Il rigore in una partita tra Allievi, vero e proprio derby (su questo eravamo d'accordo), aveva rappresentato una cornificazione sulla quale, a lungo andare, ci siamo passati sopra. Nella speranza che fosse l'ultima.

Il cervello di una tifoseria, dovrebbe essere rappresentato dal giornalismo. Dovrebbe.

La buona memoria e la capacità di discernere la realtà dalla credenza popolare, dovrebbero essere le caratteristiche di un buon cervello. Non sappiamo come mai solo il Dispaccio abbia dato la notizia della diffida, da parte di Tribunale e curatela fallimentare della Reggina Calcio, fatta sottoscrivere alla Urbs circa il divieto dell'uso di nome, marchio, palmares e colori sociali. Firmata dalle parti. Un provvedimento che segue una prassi.

La prassi è consequenziale all'assegnazione dei suddetti beni immateriali a soggetto diverso, dopo i due anni di affitto proprio alla Urbs. Rinnovare questo affitto (previo pagamento degli arretrati), o aggiudicarsene la vendita (per quanto esoso, è pur sempre esistito un bando andato deserto), era ritenuto importante anche da altre testate giornalistiche, all'opposizione fino a pochi mesi fa. Adesso, la diffida di un Tribunale diventa prassi. Ma la prassi prevedrebbe anche che chi riceve la diffida, debba cambiare al più presto denominazione sociale. Per non incorrere in ulteriori provvedimenti.

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In questo momento, ci preme soltanto raccontare le cose per come avvengono. Inserendole in un contesto composto da regole, tenendo ben presente l'iter scaturito in tante altre città. E sottolinearne i risvolti reali, non quelli ipotetici. La confusione non va alimentata. La reazione del sindaco alle pressioni cui è sottoposto crediamo con cadenza quotidiana, è emblematica. In tilt sulla materia, lui per primo. E con un sarto da contattare al più presto: la sua giacca, a furia di strattoni, sarà tutta gualcita.

Da quando la Asd Magna Grecia di Antonio Girella, cioè dalla sera del 19 luglio con tanto di firma dal notaio, è diventata a tutti gli effetti la nuova affittuaria dei beni appartenuti alla Reggina Calcio, sono state messe mediaticamente in mano le armi agli amici. E questi amici, in buona fede, nella convinzione di difendere la Reggina, in realtà ci stanno sparando sopra. La Reggina è una cosa, gli interessi di un privato sono ben altra. La Reggina è esistita anche nei mesi che ne hanno preceduto il fallimento, seppur la squadra Allievi abbia perso qualche partita di troppo.

Non è nostra intenzione indicare alla gente cosa e chi tifare, nella prossima stagione sportiva. Anche perché, al momento, non è che ci sia alternativa. E non è detto che ci sia. Il nostro unico dovere è di dare conto dei fatti, provando a spiegarli di tanto in tanto. La corsa all'autoproclamazione, tentata a livello mediatico dopo un passaggio già naufragato in Federcalcio (è stata chiesta, a fine giugno, una sorta di "registrazione" del nome, ovviamente cassata), non ci piace e la riteniamo gravemente fuorviante. Denota insicurezza. Speriamo che i soldi spesi ad avvocati, per la questione denominazione, siano inferiori ai 16.000 euro di affitto annuale del marchio.

Il banco, per la stagione sportiva 2018/19, ce l'ha Antonio Girella. Piaccia o meno. Esattamente come ce l'ha avuto l'unica società professionistica di Reggio Calabria, nelle precedenti due stagioni. L'errore di sottovalutare i beni immateriali, è stato grossolano. Negare l'evidenza, ossia la perdita dell'eredità e dunque della continuità storica con la Reggina Calcio, non è il miglior rimedio. Per contratto, Girella non può subaffittare il marchio. C'è da capire se e quando inizierà a dare le carte. Non prima di una bella mescolata.